martedì 28 febbraio 2012

Taranto, l'onore è salvo

Riaprire la lotta per il vertice: un augurio, un dovere. Il Taranto, a Terni, inseguiva un obiettivo, obbligando se stesso a difendere il proprio onore. Una questione di principi, oltre che di classifica. Il pareggio che, alla fine, sgorga dal big match non acquieta la sete di risultato: il disavanzo (cinque punti) rimane. Ma, almeno, accresce la considerazione della gente che tifa nei confronti di chi scende in campo. E premia la personalità e la voglia di esserci, crederci e resistere della squadra di Dionigi. L'uno a uno di sabato è afferrato a partita morente (Di Bari replica a Sinigaglia): tanto che l'avversario s'infastidisce non poco, rivendicando maggior possesso di palla e pericolosità più marcata. Ma questo, per Bremec e soci, è il modo migliore di sversare la rabbia accumulata, di fortificare la propria presenza nella storia del torneo. Il punto, probabilmente, serve a poco: perchè sappiamo a cosa la società va incontro (una nuova penalizzazione). Ma è sufficiente a scaldare un ambiente che vuole vivere anche di sensazioni. Diciamolo pure, intanto: la Ternana, oggi, è più quadrata, più attendibile. Per una questione psicologica, ma anche in base ad un ragionamento che sconfina nel punto di vista tecnico. Giocano più sciolti e più tranquilli, gli umbri. Denunciano meno amnesie e, anche singolarmente, il collettivo offre più garanzie. Il Taranto, di contro, è usurato: da una quotidianità incerta, ma anche negli uomini. Sciaudone, Chiaretti, Rantier, Girardi, Guazzo, ad un certo punto del campionato, hanno saputo incidere: chi più, chi meno. Cosa che, non accade da un po'. La fatica si sente, lo scoramento anche. E lo scadimento è palese: al di là dei guizzi, della caparbietà, degli slanci. Che, talvolta, riemergono: come a Terni, appunto, negli ultimi scampoli della partita. Il tecnico se ne è accorto, lo sa: e, anche per questo, si sta lasciando travolgere dal nervosismo o, quanto meno, dalla tensione (difficile che termini una partita in panchina). La squadra, però, è unita. E si è raccomandata di non allentare la concentrazione. Sarà, allora, quel che sarà. Però, il Taranto ha poco, pochissimo da farsi perdonare. E la tifoseria gli è riconoscente.

A margine. Niente slogan ("RespiriAMO Taranto") sullo casacche: ne abbiamo già parlato. Forse, però, è meglio così. Spieghiamo. Fosse transitato dalle maglie (e dalla censura) della Lega, probabilmente il messaggio avrebbe varcato la dogana dei confini cittadini quasi inosservato. Invece, in giro, il caso ha finito per essere ampiamente trattato: anche da firme importanti, da organi di stampa ad alta diffusione, persino da programmi di solida popolarità. La costrizione è diventata notizia. Il divieto ha suscitato curiosità. L'imposizione del silenzio ha solleticato l'approfondimento del fatto. Il Palazzo, infine, ha regalato alla questione ambientale sui due Mari molto più spazio di quello che avrebbe voluto ostruire. Senza volerlo. O senza prevederlo. Il re, adesso, è nudo. Colpito. E affondato.