venerdì 27 aprile 2012

La piazza rompe con D'Addario. Definitivamente

La leadership è solo virtuale. Perchè in B ci va la Ternana, con due turni di anticipo. Eppure il Taranto (sessantaquattro punti sul campo, dai quali vanno decurtati i sette di penalità) è, oggi, la migliore del suo girone di terza serie. Le ultime due vittorie (a Foligno, domenica, e in casa sulla Tritium avant'ieri) servono a spaventare la concorrenza e a rilanciarsi in proiezione playoff (lotteria che costituisce, ormai, il traguardo più immediato, ancora da blindare), ma accrescono pure il rammarico. O la rabbia. Perchè è molto triste sentirsi i più potenti e guardare la festa altrui. Però, è anche vero che la formazione di Dionigi arriva psicologicamente preparata all'avvenimento, provando a farsi bastare la credibilità recentemente riacquisita e la consapevolezza di poter contare su se stessa, sulla ritrovata compattezza di un impianto di gioco che ha sofferto (e, qua e là, ancora soffre) l'appannamento di alcuni protagonisti della prima parte del torneo e sulla fame del risultato, che resiste. Ecco, il Taranto di oggi non è ancora il miglior Taranto della stagione, la difesa non è più impenetrabile come nell'inverno appena trascorso e il logorio è pur sempre un nemico con cui misurarsi: ma, almeno, le punte hanno ripreso a graffiare, la personalità del gruppo emerge nelle occasioni più importanti e il modulo ha tornato ad alimentarsi di qualche certezza in più. Gli avversari, certo, sono tanti e pure qualificati, ma proprio la leadership virtuale può aiutare a pensare positivo. Riscaldando la tifoseria, che tributa alla squadra il proprio apprezzamento. Rompendo, contemporaneamente e definitivamente, con patron D'Addario, considerato il responsabile unico della mancata promozione in prima battuta. Cori e striscioni eloquenti, il feeling si è consumato. Di contro, il presidente minaccia (di fare calcio altrove) e consiglia (chi è interessato al club, si munisca di contante). La contestazione, adesso, potrebbe persino allargarsi, investendo chi scende in campo: ci sono tutti gli ingredienti per crederlo. E, del resto, neppure D'Addario fa molto per placare la stizza della piazza: legittimamente, dal suo punto di vista. Rischiando, però, di lasciarsi travolgere dallo stesso vortice che ha inghiottito altri, prima di lui. Che, come lui, al Taranto hanno dato, senza però entrare nel cuore della gente. E senza farsi troppo amare. Questa sì che è una maledizione.