lunedì 9 settembre 2013

Alla seconda, il Taranto si sveglia

Il Taranto, in D, è una big. Per definizione. Per una questione di blasone. Per la storia che il pallone dei due Mari ha raccontato in un passato, per la verità, ormai sempre più lontano. E, questa volta, anche per il ruolo che la società ha voluto cucire addosso alla squadra di Enzo Maiuri: rimodellata, dopo un anno di ambientamento, ad uso e consumo di una promozione da coltivare e inseguire. Quel traguardo, cioè, abbondantemente pubblicizzato prima di partire: malgrado la patina protettiva di quelle parole un po’ vaghe e misteriose («campionato importante», si è detto) che vogliono dire e non vogliono dire. Il Taranto, in questa serie D, parte per vincere. Punto. Anche se la robusta rivisitazione dell’organico, lo ripetiamo ancora, finisce paradossalmente per minacciare il progetto, certe volte. E pure se le concorrenza è temibile. La squadra allestita, perciò, è di spessore: frutto di scelte mirate (pensiamo, tra gli altri, agli ingaggi di Clemente e  Balistreri, o di Ciarcià e Muwana) e di investimenti di più che discreta portata.. Ma la quinta serie non concede alcun diritto di inviolabilità. E la prima uscita (allo Iacovone con la matricola Real Metapontino, una settimana fa) è affaticata: scarsa tracciabilità di calcio ispirato, reticenze varie, penetrazione insufficiente, una conclusone dagli undici metri sprecata e appena un punto. Quanto basta per attirare le prime critiche, i primi dubbi. L’avversario, poi, contiene con sacrificio, vanificando gli sforzi e illustrando la realtà del pallone a certe latitudini. Molto, molto migliore è invece la resa sette giorni più tardi, cioè ieri, a Manfredonia, sul sintetico di uno sparring partner più quotato e meglio disposto a giocarsi il match. Tre gol nella prima mezz’ora chiudono il conto con anticipo esagerato e i minuti che restano servono a gestire il vantaggio e a rifinire il punteggio (finirà quattro a uno per gli jonici). Il Taranto, è vero, è più brillante, più tonico e anche decisamente più concreto. Più immediato, più diretto. Si spalma sul campo per fare la partita e la fa. Guadagnando sùbito metri e procurandosi le occasioni per passare. Disponendosi con autorevolezza, sin da principio. Comportandosi esattamente come deve una big. In mezzo al campo si lavora di quantità e di qualità, davanti gli artiglieri si fanno trovare. Tutto abbastanza semplice, persino. Il classico caso di novanta minuti che sbugiardano i precedenti: può accadere, soprattutto agli albori del torneo. Eppure, le due situazioni differenti cercano di spiegare immediatamente dove e come la formazione di Maiuri dovrà giocarsi il proprio campionato. Ritagliandosi gli equilibri giusti. Perché un fatto è il duello con i pari grado o con le formazioni che devono necessariamente preoccuparsi di costruire anche qualcosa, lasciando spazi e varchi. Dunque, la possibilità di orchestrare e colpire. E un altro battagliare con gli orizzonti corti di chi preferisce tutelarsi a qualsiasi costo. Decurtando l’ossigeno e scavando fossati. Un atteggiamento che, soprattutto allo Iacovone, si concederanno parecchi. Consapevoli di incontrare una squadra che sentirà il peso di ogni sfida, ogni domenica. E che non potrà godere di molti bonus. Né di troppa indulgenza.