Dopo tutto, il vecchio gruppo
di comando (nessuna trattativa estiva si è sviluppata sino in fondo) e il
responsabile di mercato (Antonio Marrone, tornato ad occuparsi dell’Ars et
Labor) sembrano aver consegnato ad Alberto Bosco, trainer alla prima esperienza
di prestigio, un organico che – almeno- può giocarsi la salvezza sino alla
conclusione della stagione. Senza essere, cioè, considerato retrocesso ancor
prima di partire. Nonostante le possibilità limitate (non è cambiato niente,
infatti), il nuovo Grottaglie non è così male come i più pessimisti temevano.
Chiaro, non ci sono i big che
innervano altre formazioni del girone appulocampano di quinta serie (anche se,
in questo campionato, gente come il portiere Maraglino, ex Taranto, è un singolo di assoluto spessore). E l’obiettivo,
ovvero la salvezza, è tutto da inseguire e conquistare. E, dunque, niente
affatto scontato. Ma, nel complesso, l’elenco a disposizione del tecnico può
considerarsi qualitativamente assai più convincente di quello della stagione
appena trascorsa, per esempio. Come conferma la presenza nel roster di singoli interessati come
Gnoni, Anglani, Sanna e Faccini. Quanto basta, se non altro, a contrastare la concorrenza,
mediamente più agguerrita di dodici mesi fa (il livello si è alzato, questa è
la verità). E come confermano i numeri: la sconfitta onorevole patita
nell’esordio, di fronte all’attrezzato Brindisi, la vittoria in campo neutro
ottenuta sul San Severo e il successivo pareggio contabilizzato al D’Amuri contro una concorrente diretta
come la Puteolana
mettono assieme quattro punti. Una dote che, negli ultimi anni, il Grottaglie
aveva raggiunto solo a torneo abbondantemente avviato. Poi, questa squadra sembra
saper soffrire. E appare mentalmente già alloggiata nella logica del suo
campionato. Parliamo di una base di partenza assolutamente fondamentale.
Ovviamente, potrebbe non essere sufficiente. E riteniamo che Bosco e la squadra
lo abbiano capito sin da sùbito. Improbabile, tuttavia, che il club possa
regalarsi, a lavori in corso, qualcosa in più: il budget è quello e non si può sforare. L’Ars et Labor, dunque, dovrà
farsi bastare la bontà del lavoro, la fame della sua gioventù, l’esperienza
maturata – un po’ qui e un po’ là – da chi è appena arrivato, l’abitudine alla
lotta di quanti si sono guadagnati la conferma (Formuso, Quaranta, Pisano,
Presicci) e la lucidità del suo condottiero, molto più smaliziato di quello che
ci saremmo aspettati. E non solo davanti alla telecamere.