Il pareggio in sé, alla prima
prova del campionato, significa poco. Anche se arriva sul terreno di casa. Ma
contro una formazione sicuramente meglio carrozzata e più ambiziosa come
l’Arzanese. Eppure costretta a disputarsi il match, quasi nella sua interezza,
in dieci elementi contro undici. Il primo punto del Martina, molto più
semplicemente, va valutato nel corso di una stagione particolare: che premierà
gli sforzi e lo spessore di otto squadre su diciotto (almeno in prima battuta:
perché, poi, i playout ne salveranno un’altra). Ma la gara di domenica scorsa,
probabilmente, ci suggerisce altro. O meglio, avvalora la prima sensazione,
quella maturata già in Coppa, una settimana prima. La formazione di Bocchini,
cioè, si muove attorno a precise coordinate tattiche, si nutre di un ordine
talvolta rigoroso, punta parecchio sull’organizzazione di base e, malgrado i
limiti delle singole pedine, si sforza persino di far circolare il pallone. Tutte
prerogative di una squadra che sa di dover replicare alla miglior qualità
altrui con un progetto ben definito, che sappia mascherare certe debolezze
strutturali. Tutti segni distintivi di una realtà che prova a galleggiare nella
categoria con una certa dose di speranza. Tutte caratteristiche di un collettivo che bada
alla sostanza, ingrediente primo in un torneo normale. Solo che la C2 di quest’anno torneo normale
non è: perché troppi avversari appaiono, almeno teoricamente, più dotati
(pensiamo, in ordine sparso, a Messina, Ischia, Cosenza, Foggia, Casertana,
Chieti, Teramo, Aprilia, Sorrento, Castel Rigone e alla stessa Arzanese). E
perché, innanzi tutto, individualmente questo Martina difetta tanto. Gli
episodi che si annidano dentro i novanta minuti parlano abbondantemente: al di
là delle imprecisioni in fase di possesso e di non possesso, che sono i
passaggi più evidenti. E anche al di là dell’incapacità di governare una
partita in superiorità numerica (quello, semmai, è un problema di personalità o, come dice il tecnico, di esperienza).
Il Martina, molto spesso, sale: ma non si ritrova. E, ancora una volta,
Petrilli (calcisticamente parlando, è più dotato del gruppo, con Gai e Leuci) deve affrettare
la conclusione, o perdere il tempo nell’esecuzione. Mancando la sponda per
dialogare e, certe volte, il punto di riferimento, non c’è alternativa. In mezzo
al campo, peraltro, latita l’autorevolezza: e l’Arzanese blocca le presunti
fonti di gioco senza dannarsi troppo. Anzi, mantenendo il possesso di palla per
buona parte della contesa. E potremmo continuare. Del resto, sono proprio le
sfide come queste a spiegare un po’ di situazioni. Facendoci capire la
differenza tra il Martina tatticante vispo e tecnicamente un po’ arido e il
resto della compagnia: che, magari, applicherà un calcio meno solido, liberando
il potenziale dei propri artiglieri. Quelli che, alla fine, decidono le gare e il
campionato.