Arriva il momento in cui le big si incrociano e si confrontano.
Anche il Brindisi, in virtù di una campagna acquisti considerata importante,
pretende la sua fetta di nobiltà: segno distintivo, invece, del Matera, club
che ha speso, continua a spendere e, probabilmente, ancora spenderà (il suo
mercato è praticamente sempre aperto, come dimostrano gli ultimi due pezzi
della collezione: l’ex Campobasso Majella, già in campo ieri, e Sorrentino,
appena transitato da Monopoli dopo la leadership
nella classifica marcatori del girone appulocampano di D la stagione scorsa). Succede,
però, che in certi casi vince la prudenza. Le formazioni di Ciullo e di Cosco
(entrambi allontanati dal direttore di gara nel corso dell’intervallo) si
studiano e si rispettano e un po’, alla fine, si temono. Sembra che né il
Brindisi, né il Matera vogliano scoprirsi troppo e, quindi, rischiare. Vero è,
però, che – con lo scorrere dei minuti – la formazione lucana comincia ad
occupare il campo con regolarità e metodo. Obbligando l’avversario, di
conseguenza, a ripartire da dietro. Intendiamoci: questo Matera non abbaglia,
non asfissia. E chi attende gli effetti speciali rimane irrimediabilmente
deluso. Ma, se non altro, sembra un collettivo più solido di quello che sarebbe
persino logico attendersi, considerati i nomi ed i cognomi del roster (basti guardare la panchina,
affollata di gente come Ciano, Sy, Todino, Di Gennaro, Roselli, Letizia: roba
da C1). E, comunque, più robusto di quello vantato dodici mesi fa. Tornando al
match, gli ospiti si mantengono sempre alti, trattenendo la palla per gran
parte del tempo. Mentre la manovra di Marsili e soci, sempre schiacciata, non
si evolve mai e si allarga ancora meno. E’ un po’ stretto, il Brindisi. E si
accentra troppo. A Pellecchia manca la progressione, la profondità, lo spunto.
A Gambino mancano i palloni (l’unica occasione spendibile càpita tra i piedi di
Tedesco, nella prima frazione di gioco). Alla squadra, difettano gli artigli. In
sostanza, un punto collezionato di fronte al Matera (finisce zero a zero) è capitale prezioso, dopo
tutto. Ma, per provare a diventare grandi, serve qualcosa in più. Anche (e
soprattutto) contro le big
dichiarate. Ecco, la gente di Ciullo non offre mai la sensazione di poter
sfondare, di poter segnare. Ed è questa l’immagine che, infine, resta nella
memoria.