martedì 10 settembre 2013

L'Audace tra la D e il nulla



C’è una società in attesa ansiosa, l’Audace. E, tanto per infrattarci nella retorica, una città che osserva e spera, Cerignola. Poi, guardando meglio, c’è pure un microcosmo intero (il girone appulocampano del campionato di serie D) che si ingolosisce attorno ad una notizia che non arriva ancora e che non sgorgherà prima di qualche giorno. Malgrado il torneo sia già partito da due settimane. Senza il club dauno, ovviamente. Perchè è così che va: con i tempi ristretti del pallone, con l’estate delle carte bollate, della Covisod e dei ripescaggi, con i tempi tecnici che l’Alta Corte del Coni deve pure rispettare. Vediamo: il Cerignola, in fondo alla stagione appena trascorsa, si era assicurato il diritto a giocarsi la finale della Coppa Italia riservata alle formazioni di Eccellenza. Partita persa al fotofinish, per la cronaca: quanto basta per promuovere gli avversari (i marchigiani della Fermana) in quinta serie. Come da regolamento. Festeggiamenti inutili, peraltro: perché la Fermana, oberata dai debiti, si è liquefatta in fretta, lasciando una sedia libera. Ma, nel contempo, assicurandosi il salto di categoria ugualmente: rilevando, cioè, il titolo di un’altra società. A surrogare il vincitore, di solito, è chi ha perso la finale: dunque, il Cerignola avanza la propria candidatura al ripescaggio. Legittimamente, aggiungiamo: se non altro, perché manca, nelle norme sui ripescaggi, un paragrafo che regoli la questione specifica. Invece, niente: questa volta valgono solo le graduatorie di merito e titoli redatte dalla Federazione. E in Capitanata non gradiscono, promuovendo un’azione legale. Che va avanti. Il primo round (l’ammissibilità del ricorso), è vinto: ma occorre ancora qualcosa (il giudizio finale dell’Alta Corte del Coni, appunto). Intanto, l’Audace non si è neppure iscritta al campionato regionale di Eccellenza, partito proprio domenica scorsa. E, dunque, adesso le prospettive sono due: o il Cerignola viene ammesso in seconda battuta al campionato di D, oppure fine delle trasmissioni. Cioè del calcio cittadino. Nella speranza, magari, che un titolo sportivo tutto nuovo transiti oltre l’Ofanto l’anno prossimo. Un bel problema: del Cerignola nel caso che si avveri la seconda ipotesi. E del campionato di serie D in caso di ammissione. E sì: il torneo, oggi, possiede un calendario che, eventualmente, sarebbe stravolto. I club diventerebbero diciannove: e tutti si ritroverebbero ad osservare due turni di riposo ciascuno. E la regolarità della stagione non sarebbe affatto salvaguardata. Oggettivamente, non avremmo mai scommesso su una decisione (qualunque decisione) più celere: un iter legale pretende i suoi tempi. Probabilmente, avremmo gradito la partenza ritardata del girone, giusto per non correre il rischio di inciampare in complicazioni più grandi: il male minore, dopo tutto. Ma sappiamo bene che il pallone non si ferma facilmente. E che un precedente del genere diventerebbe pericoloso per il sistema-calcio. L’Alta Corte, però, un segnale l’ha dato: rinviando il verdetto, che sarebbe dovuto arrivare ieri. Un segnale da interpretare: come un’esigenza di valutare attentamente la questione. O come un consiglio: che il campionato prosegua, le speranze del Cerignola sono molto più che ridotte. Il rinvio, ad ogni modo, assume contorni sinistri, per come la vediamo noi: reinventarsi un campionato tutto nuovo dopo tre o, peggio, quattro giornate già disputate è improponibile. E tecnicamente complicato. Tanto da travolgere qualsiasi responso. Anche il più benevolo.