martedì 17 settembre 2013

Il Nardò affonda, senza giocare



Scarsa liquidità, rinnovamento societario da verificare sul campo, smobilitazione. A Nardò il castello delle illusioni crolla vorticosamente, nello spazio di pochi giorni. Il club ribadisce le difficoltà economiche, la squadra intuisce che il tempo fugge: e, chi può, saluta, sfruttando gli ultimissime ore di mercato. Calabuig, ad esempio, si accasa a Casarano, in Eccellenza. E qualcun altro trova casa altrove. In D (al Vico), nella Premier League di Puglia, dove capita. Manca il materiale umano, quello con cui il Toro aveva affrontato i primi turni del campionato: senza peraltro decurtare corposamente la penalizzazione di partenza (quattro punti): quindi, niente match (in casa) contro il Manfredonia. Che si presenta e intasca il successo, senza neppure sudare la maglietta. Zero a tre a tavolino, un altro punto di penalità: ma questi sono problemi marginali. Perché è il futuro stesso della società ad essere in pericolo. Presentarsi con la Juniores si potrebbe, per la verità: cioè vivacchiare per garantirsi una continuità, ma non la permanenza in quinta serie. E per costruirsi la piattaforma utile a rifondare: l’anno prossimo, magari. Ma la gente che tifa non gradisce la soluzione e preme per scongiurare il disonore. Se il Nardò rinuncia alla sfida con il Manfredonia è soprattutto a causa del desiderio popolare: che, in quella parte del Salento, conta parecchio. La tifoseria granata sceglie la forma, ancora prima della sostanza: e certe cose fanno sempre rumore. Difficile immaginare, adesso, una soluzione ragionevolmente comoda. Ma, al di là di tutto, riteniamo che il titolo sportivo vada salvaguardato, a qualsiasi costo. Frenando, se ce ne sarà bisogno, anche la stizza incontrollabile e autolesiosista della piazza che soffre da troppi anni e che si è ritrovata – senza colpe – al centro delle querelle sviluppatasi attorno a troppe posizioni: quella della vecchia dirigenza, della nuova e dell’amministrazione comunale. No, il titolo sportivo non va disprezzato, neppure in Eccellenza. E va difeso, sino in fondo. Sempre che su di esso, ovviamente, non incomba il peso di una massa debitoria eccessivamente alta: nei confronti dello Stato, ad esempio. Sarebbe un’altra storia, in questo caso. Chi sa, perciò, parli chiaramente: è il momento di farlo.