mercoledì 16 ottobre 2013

Brindisi, come complicarsi il cammino


Tutto procede, meglio di prima. Prima supera il Taranto, nel derby. Con merito innegabile, neutralizzando un po’ di scorie recenti. Poi, sette giorni più avanti, regola agevolmente il modesto Nardò, con sette reti di scarto. L’umore buono cresce, certe geometrie si consolidano, Pellecchia torna a segnare, Gambino continua a colpire, lo scacchiere lievita in personalità, la sopraggiunta serenità aiuta a solidificare squadra e programma. Programma che resta finalizzato ad un campionato di alto profilo, pensato per infastidire le formazioni più accreditate del girone H della quinta serie e per preparare l’assalto al professionismo, tra dodici mesi. Sempre che l’imprenditoria locale, come ricorda un’altra volta patron Flora in diretta televisiva, si ricordi di sovvenzionare – come promesso - il progetto: che, altrimenti, rischia di impantanarsi prima del tempo. Prima della fine della stagione, addirittura. La gente che tifa, però, apprezza gli sforzi del club e il calore popolare riconquista, giorno dopo giorno, spessore. Brindisi, cioè, sembra velocemente riappacificarsi con il calcio. E, invece, l’impalcatura comincia a scricchiolare in un martedì di normale amministrazione. E’ sera, il presidente spiega le prospettive future e il suo modo di intendere il pallone nel salotto di un’emittente locale. Parla di Ciullo, un tecnico a cui – dice – si è completamente affidato. Anche al di là delle semplici questioni tattiche. Il coach, cioè, gli ha suggerito dei nomi, buoni per rafforzare l’organico. E, se tutto va come deve, Flora proverà ad accontentarlo. Per operare, aggiunge, non ha bisogno di intermediari o di procuratori. Gli basta la parola del suo allenatore. Parole che, evidentemente, feriscono il direttore generale Carbonella, che poi è – di fatto – anche il gestore delle manovre di mercato della società. E, allora, il diggì interviene telefonicamente, senza risparmiarsi la stizza. I toni del confronto tra i due dirigenti si fanno immediatamente aspri. La diretta televisiva si infiamma, senza preavviso. Flora suggerisce al suo collaboratore più stretto di dimettersi, se non gradisce la linea. E Carbonella raccoglie l’invito, assicurando di averlo già fatto (quando?). Il conduttore, sorpreso e frastornato, fatica a capacitarsi di quanto accade e a limitare il danno (di immagine, ma non solo) ormai già procurato. Quindi, la trasmissione sfuma in fretta, come a liberarsi di se stessa. Imbarazzi a parte, diventa difficile capire perché, ad esempio, lo strappo sia stato consumato davanti ad una piazza assetata solo di buone notizie. E non, com’era naturale che fosse, all’interno della sede del club. E, poi, non sarebbe male sapere quali sono le cause che hanno disegnato la frattura tra presidente e direttore generale (lo sfogo di Carbonella appare la conseguenza diretta di un antefatto: e Flora, tra le righe, lo lascia intendere). Infine, lo stesso Carbonella parla espressamente di un giochino di potere, attribuendolo al numero uno. Restiamo in attesa di chiarimenti. Nel frattempo, le nubi si riaddensano. E sull’Adriatico si riscopre quel gusto antico di complicare sempre tutto.