I tre gol (a zero) di Foggia, sofferti sette giorni prima, pesano parecchio
sul Martina. Che, ormai esaurito il break
di un paio di settimane decisamente più rassicuranti, si riscopre nuovamente
piccolo e povero. La prestazione di ieri, di fronte al nuovo viceleader del girone Teramo, è
imbarazzate. No, di più: irritante. Perché l’analisi va approfondita
necessariamente oltre il risultato (scabroso: uno a quattro al Tursi) e dirottata sui comportamenti
della squadra (molle, frenata, appesantita, svogliata, anche a svantaggio
acquisito) e sugli atteggiamenti collettivi (rincorrere presuppone
determinazione, volontà e coraggio: e rimediare diventa praticamente
impossibile, se troppo spesso nove elementi su undici si raccolgono dietro la
linea della palla). Gli abruzzesi non aggrediscono tanto e non viaggiano
neppure su ritmi alti (ma la cortesia è ampiamente ricambiata, va detto): però
il Teramo è più compatto e solido, fa viaggiare il pallone, pratica un calcio lento ma pulito, conosce
le geometrie e il concetti di inserimento. Sbloccare lo score, prima della mezz’ora di gioco, è facile: poi, la formazione
di Vivarini si contiene e sembra non voler infierire (quel torello, a metà match, è antipatico: per il Martina, ovviamente). Il
raddoppio, comunque, arriva ugualmente. E la gente di Bocchini si ribella
troppo tardi, quando manca una manciata di minuti alla chiusura delle ostilità.
Certo, il recupero lungo accordato dal direttore di gara accorre persino in
soccorso di Leuci e compagni: ma, in realtà, finisce per offendere i sentimenti
della tifoseria di casa (arrivano, cioè, il terzo e il quarto sigillo
teramano). Gran brutta figura, in sostanza. Scolpita, più che dall’appurato deficit tecnico (che l’indisponibilità
di Petrilli aggrava), dalla scarsa reattività
- anche e soprattutto nelle situazioni di ripartenza concesse
dall’avversario - e dal debolissimo spessore caratteriale del Martina.
Tatticamente, il tecnico cambia la pedina che staziona davanti la difesa (non
più Gai, ma De Lucia, almeno per un tempo, perché poi torna tutto come prima):
al di là degli uomini, tuttavia, la squadra non sa replicare e non riesce a
guadagnare densità in mezzo al campo, né può vantare un minimo di personalità:
dissipando pure quelle coordinate pulite di un tempo. In coda al rovescio,
intanto, i numeri incombono (terz’ultimo posto) e il morale cala. Oscurando
pure la buona notizia degli ultimissimi giorni: il club, adesso, può respirare
con l’aiuto economico garantito da un nuovo socio, il bresciano Gherardini. Che
potrebbe (dovrebbe) regalare qualche rinforzo (ne servirebbero tre, quattro): a
gennaio e, magari, anche prima (occorrerebbe, perciò, sondare la lista degli
svincolati). Ma non sarà semplice operare: perché sbagliare le scelte è
vietato.