mercoledì 30 ottobre 2013

Barletta, è già bufera


Le fatiche di Coppa Italia non mentivano: il Barletta impacciato e lento di allora non si evolve neppure in campionato. Dove, a due mesi dallo start, la classifica sembra già condannare gli investimenti estivi, le sicurezze e gli ottimismi del presidente Tatò, il lavoro dell’operatore di mercato Martino e le scelte del tecnico Orlandi: partito, quest’ultimo, con una discreta dote di credibilità, guadagnata sul campo nella seconda parte della stagione trascorsa e ormai praticamente sperperata tra settembre ed oggi. Tre punti, quelli collezionati sin qui, dicono molto: dei disagi del gruppo in fase di impostazione, dello scarso appeal nel cuore delle difese avversarie, della difficoltà a sterzare a gara in corso, della fragilità della terza linea in quasi tutte le occasioni. Il penultimo posto occupato attualmente in graduatoria (al di sotto, naviga la sola Nocerina) sembra oggettivamente autentico. Come autentici sono gli altri numeri che illustrano il caso: soltanto due gol segnati, dieci marcature sofferte e cinque sconfitte in otto gare. E come autentico è disappunto della tifoseria, mortificata anche dall’ultima prestazione della squadra, piegata a Pagani da un’altra formazione zoppicante. Tifoseria che, per la verità, rumoreggia da un  po’. E che, pressando la proprietà, ne ha consigliato il disimpegno: ancora formale, cioè da confermare. Ma ugualmente preoccupante. Tatò, riconoscendo i limiti del Barletta e i propri errori, ha rassegnato le dimissioni già a ridosso dell’ultimo match: garantendo, tuttavia, la copertura gestionale sino alla fine del campionato. E, dunque, lasciando indifese anche le posizioni dei suoi più stretti collaboratori, Martino su tutti. Non c’è più tanto feeling, tra la gente che tifa e il vertice societario: e questa è una notizia datata. Eppure, l’episodio è assai più fastidioso di quanto possa sembrare: perché, quest’anno più di altri (la terza serie non contempla retrocessioni), sarebbe stato opportuno lavorare con profitto in prospettiva, più che per l’immediato. E perché, soprattutto, ci priva di una certezza: quella di una stagione priva di grandi assilli, in quanto liberata dagli incubi di un’ipotetica partecipazione alla lotteria della permanenza.