lunedì 7 ottobre 2013

Brindisi su, Taranto giù. E Maiuri rischia

Brindisi-Taranto, all’improvviso, diventa un derby di alto valore. Per i due tecnici, essenzialmente. Ciullo, il caudillo adriatico, si ritrova a sgomitare tra le prime critiche mirate: la squadra, sicuramente più carrozzata di quella della scorsa stagione, non duplica più molte giocate di allora e non sviluppa quel calcio largo e tagliente dei suoi giorni migliori. La manovra si è un tantino involuta e sembra difettare anche la personalità necessaria per inseguire il risultato. E Maiuri, coach che lavora in riva ai due Mari, è già un osservato speciale: la formazione probabilmente più titolata del campionato, sùbito dopo il Matera, si apre troppo spesso sotto il peso delle insidie degli avversari di turno e sembra soffrire la scarsa predisposizione della mediana ad assicurare un filtro rassicurante. Tanto che i risultati non arrivano (l’ultima prestazione è coincisa con la caduta casalinga di fronte alla Turris e, prima ancora, soltanto un finale di gara grintoso aveva garantito il pareggio a Bisceglie). Lo scontro incrociato, così, si tinge di apprensioni. Che il Brindisi supera con la volontà e con la determinazione che occultano certe distonie (troppi lanci lunghi, fraseggio continuo, ma talvolta affaticato), mentre il Taranto – confuso, contratto, impaurito, scollegato, abbastanza fermo – affonda. Vince (due a zero) la squadra più meritevole, cioè quella meno sgranata, quella più coraggiosa. Quella che tiene più palla, che copre meglio il campo. E che cerca il successo, sin dall’avvio. Legittimandolo prima dell’intervallo, quando costruisce il meglio, prima di raddoppiare (Gambino è sempre più leader della classifica riservata agli artiglieri del torneo). Perde il collettivo che approccia il match con troppe riserve mentali e con un impianto che assicura più protezione alle retrovie (due mediani davanti a Miale e Pulci centrali di difesa, dal momento che Prosperi torna sull’out sinistro), ma non la creatività. Ma, se nella zona nevralgica Menicozzo battaglia, il coloured Muwana osserva e basta. Servirebbe, perciò, che uno tra le due punte Clemente e Balistreri e il fantasista Mignogna galleggi tra le linee, per catalizzare palle e gioco: e, invece, niente. Senza ritmi e senza idee, cioè, non si va da nessuna parte. L’acciaccato Carloto, uno abituato a pensare, entra a gara ormai compromessa, quindi troppo tardi. Il Brindisi, più vivo e più in partita, rischia in un paio di occasioni, ma gestisce il doppio vantaggio senza troppe fibrillazioni. Autoalimentandosi, probabilmente, con i correttivi tattici adottati da Ciullo (il vecchio 4-4-2 si trasforma in 4-3-3 e, se non altro, Pellecchia se ne avvantaggia). Resistono, tuttavia, alcune sensazioni: gli adriatici, seppur in crescita, non sembrano ancora pronti per affrontare le insidie di un campionato proiettato verso le primissime proiezioni (necessita una manovra più lineare, più pulita). E questo Taranto, partito per vincere, oltre alla tranquilla permanenza – oggi – non può ambire.