Nelle sfide che tracciano un segno, il Martina nicchia e si arena. Così nel corso di
un campionato speso a rimorchio dei dubbi e delle ansie. Così nell’atto
conclusivo di una regular season che, a questo punto,
non presuppone appendici. A Messina si gioca per due risultati: il successo,
che servirebbe a catturare il miglior piazzamento nella griglia dei playout, e
il pareggio, utile ad entrare nel circolo delle quattro società che si giocano
l’unica posto rimasto nell’istituenda C unica. E, invece, oltre lo Stretto
schizza l’unico score indigesto. La
sconfitta matura ad una manciata di istanti dalla chiusura del match e della
stagione: dunque, quando non è neanche più possibile riparare. E, proprio per
questo, brucia tanto di più. Soprattutto, se proviamo ad analizzare
sommariamente la partita, perché la formazione di Tommaso Napoli conduce
temporaneamente con una rete di vantaggio, dopo aver ribaltato la precoce
marcatura di Costa Ferreira. Il portoghese, però, bissando la soddisfazione
personale, più tardi vidimerà il ritorno tra i dilettanti di un club, il
Martina, che aveva creduto di poter stoppare il declino con una campagna di
rafforzamento invernale generosa e beneaugurante. La retrocessione, piuttosto,
smentisce qualsiasi forma di ottimismo alimentata – non senza fondamento –
durante il percorso: perché, malgrado la prossima serie D sostituisca, di
fatto, questa Seconda Divisione (per intenderci: si passa da una quarta serie
ad un’altra quarta serie), pur sempre di retrocessione si tratta. Dettata, lo
riassumiamo ancora una volta, da un avvio di campionato zoppicante, da qualche
intervento arbitrale penalizzante e, innanzi tutto, dalla lunga sequenza di match ball inutilizzati, tra febbraio ed
aprile. Ma anche da una consistenza di squadra mai pienamente raggiunta,
nonostante l’innegabile lievitazione delle idee e del modulo di gioco. In una
sola frase: la sensazione che tormenta è quella di un Martina persino vitale,
nel punto cruciale del torneo, ma incapace di offrirsi per intero e di gestirsi
sempre e comunque. Sintetizzando ancora: il Martina sembra aver dato (e speso) tanto,
nel girone di ritorno. Ma non abbastanza. Pur avendone facoltà, riteniamo noi. Molto
spesso, tuttavia, e di questo ne siamo perfettamente consapevoli, i campionati
nascono male e finiscono peggio. E sappiamo pure che nulla è davvero scontato,
nel pallone. Dove qualsiasi delusione cocente, di solito, apre porte e finestre
a non pochi dubbi. Che, a queste latitudini, già si schierano minacciosi. Ad
esempio: i sovvenzionatori esterni apparsi a lavori in corso (Ghirardini, ma
non solo) investiranno ancora in serie D? E poi: il gruppo di lavoro al vertice
societario potrà nuovamente incaricarsi di programmare la scalata al
professionismo (vincere la D,
da qui in avanti, implicherà un sacrificio economico suppletivo)? Infine: il pallone,
in Valle d’Itria, possiede un futuro oppure no?