L’Arezzo non abbaglia. E non dispone neppure del campo, come
certe cronache tentano di raccontare. Semplicemente, attende: il momento ideale
per graffiare. E attende un bel po’: praticamente, una gara quasi intera.
Alzando i ritmi nell’ultimo quarto d’ora di gioco: dopo aver gestito il
traffico con una terza linea alta e un atteggiamento rispettoso. Non
rinunciatario: ma poco più che timido. Lasciando, però, poca manovra ad un Taranto
di per sé svuotato, fisicamente arrivato. La formazione di Papagni è stanca:
s’intuisce da sùbito. E, agli albori del secondo tempo, l’energia è già
evaporata. Tre gare in una settimana si pagano. E soprattutto, corrodono quei
supplementari del mercoledì precedente, ai quali l’ha obbligato l’ostico
Monopoli. Ciarcià, è vero, rientra da una lunga vacanza. E riappare nell’undici
titolare anche Molinari. Mentre Clemente, in coda alla lunga squalifica che
l’ha fermato, si accomoda soltanto in panca. Con Mignogna. Ma, evidentemente,
non basta. Troppe pedine accusano la fatica di una stagione intensa. E poi, in
mezzo al campo, i problemi sono noti: mancano ordine e fantasia. Così, il primo
match della terza fase, quella dei playoff allargati su scala nazionale, è
immediatamente scomodo. L’Arezzo, dicevamo, non si apre e non si abbassa,
fluttuando sull’erba. Ma qualcosa tenta ugualmente. Nulla di avvincente,
tuttavia: perché, davanti, i toscani non sembrano troppo maliziosi. Però il
Taranto, che può appoggiarsi sulla spinta del pubblico amico, pressa zero e
conclude pochissimo. L’unica occasione seria càpita a Balistreri, che segna: offside, dice il direttore di gara. Poi,
più niente. I calci di rigore, in assenza dei tempi supplementari, appaiono
l’epilogo più ovvio. La gente di Papagni li attende, come una liberazione. Ma
l’Arezzo, finalmente, capisce che può osare. E, a quattro minuti dal
novantesimo, il mediano Carteri sistema la questione. Amaranto alle semifinali.
Il cammino del Taranto, invece, si interrompe. Complicando la pratica
burocratica per la domanda di ripescaggio. Che, comunque, dovrebbe essere
inoltrata lo stesso (converrebbe, effettivamente). L’inclusione alla fase
successiva, però, avrebbe pesato un po’: e questo è chiaro, sin da ora. Ma,
probabilmente, questo organico ha ottenuto dalla sua stagione strana e
discontinua quello che sarebbe stato logico aspettarsi. E niente di meno. Anzi,
forse qualcosa in più. Occorre farsene una ragione, in riva ai due Mari.