venerdì 19 febbraio 2010

Nardò, primo obiettivo. Centrato

Ci sono partite dove le individualità dispongono i torti e le ragioni. E la finale di Coppa Italia regionale (Nardò-Molfetta, sul sintetico di Francavilla) è una di queste. I colpi di Montaldi, Irace e Turitto (un '90 che arriva da Sulmona, ma angraficamente barese) consegnano il trofeo al club salentino, ora libero di inseguire la promozione in D attraverso due itinerari: quello tradizionale del campionato e quello, appunto, della competizione iridiata, che da qui in poi si snoderà per un percorso interregionale (a proposito: le prossime avversarie della formazione di Longo sono l'Ebolitana e la Fortis Murgia, una enclave pugliese in terra lucana). Intuizioni che, peraltro, si combinano con l'infelice pomeriggio della difesa molfettese: cioè, la meno battuta del torneo. Impensabile, ma vero. Vince il Nardò, dunque: in virtù della miglior qualità complessiva, di una partenza convinta, di una risolutezza decisiva nella trequarti avversaria e della pronta reazione al temporaneo pareggio del Liberty. Vince il Nardò, una squadra costruita per vincere. Come il Molfetta, del resto. Perchè la Coppa, da qualche anno, segue più o meno fedelmente la storia del campionato. In fondo, cioè, arriva chi nasce per concorrere al meglio e per governare fronti diversi. Chi spende. Parecchio, anche. Come il Casarano dell'anno passato. E il Nardò di questa stagione. Sembra proprio il calcio dei grandi: ormai non ci si inventa più niente. E tutto sembra già scritto: molti mesi prima.