martedì 1 maggio 2012

Foggia, futuro cercasi

La certezza aritmetica della salvezza arriva con sette giorni di anticipo. E sul campo della capolista Ternana, che ha già festeggiato il salto di categoria la settimana prima. Il Foggia, al Liberati, guadagna il punto della tranquillità: assolvendo quella che sembrava una formalità, piuttosto che un'esigenza reale. Firma il risultato Walter Bonacina, tornato da poco sulla panca lasciata da Stringara, a cui il derby con il Taranto si è rivelato fatale. E, con lui, una squadra mai entrata per davvero nel cuore della gente che tifa: forse perchè troppo umorale. O perchè inadeguata, per caratura e spessore, a saziare gli appetiti di una piazza sofferente alla terza serie. Una squadra che, però, rispetta il programma societario, malgrado la penalizzazione sofferta durante il cammino: navigando senza continuità, ma conquistando in trasferta quello che perde in casa. A campionato quasi archiviato, intanto, attira di più quanto patron Casillo deciderà di fare. Anche se, ascoltando le numerose dichiarazioni del presidente, è difficile ipotizzare la prosecuzione del progetto. Al quale, peraltro, la stessa tifoseria non crede più, da tempo. Anzi: la frattura tra la tifoseria (quella organizzata, innanzi tutto: che, di solito, condiziona) e il massimo responsabile del club appare profonda, insanabile. Per dirla in una frase, tra le due sponde non esiste alcuna piattaforma di tolleranza, ormai. E, a queste condizioni, è impensabile continuare a fare calcio. Non ci sono più i presupposti, spazzati da minacce, contraddittori aspri, show televisivi e comunicati stampa. Che riducono la questione ad una scelta di campo doverosa, netta e inequivocabile, ma anche rapida. Casillo, innanzi tutto, spieghi a quali condizioni intende defilarsi, se davvero vuole scrollarsi il peso della gestione del Foggia: e con chiarezza. Del resto, un'altra stagione di scontri frontali, al di là dei torti e delle ragioni di uno schieamento o dell'altro, non serve a nessuno: e tanto meno a lui, che sotto il profilo commerciale ha solo da perdere. Il pallone, in Capitanata come altrove, si fa con il sostegno della base, cioè di chi poi va allo stadio o vive la squadra giorno dopo giorno. Bypassare la piazza e i suoi umori non è sensato. O, comunque, non paga. E, presto o tardi, tutto si ritorce contro. Il vaso è rotto. E, se i cocci si ricomponessero, resisterebbero sempre i segni. Pronti ad aggredire il domani.