lunedì 27 gennaio 2014

Martina, faccia a faccia con la realtà


Come previsto: il Martina sottratto a Bocchini e consegnato a Tommaso Napoli rivede il proprio look e si ridisegna profondamente. I copiosi acquisti di gennaio si aggiungono alle integrazioni di dicembre, finendo per modificare l’anima del collettivo e, magari, anche il senso della stagione. Giorno dopo giorno, cioè, la decomposizione della vecchia versione della squadra, inadeguata a mantenere la categoria (lo dicono i numeri), concede timidamente spazio alla speranza. Suffragata dalla personalità di qualche nuovo arrivo (le punte Montalto e Arcidiacono, ad esempio, ma anche De Martino) e dalla superiore caratura tecnica di gente come Guadalupi. La seconda manche del torneo, del resto, è la prova d’appello: fallire non si può più. E la società appare decisa a rincorrere l’ottavo posto o, nel peggiore dei casi, i playout. Le recentissime uscite (vittoria, al Tursi, sul Castel Rigone e pareggio, sette giorni dopo, ad Aprilia) dicono di una squadra rivitalizzata: nell’umore e nelle situazioni di gioco. Ma l’ultimo match, contro l’attrezzata Casertana, trascina nuovamente il Martina di fronte alla realtà, edificata sulle apprensioni e i timori. La sconfitta, come uno schiaffo, si materializza esattamente un istante prima della fine. La partita non riprende neppure: e resta sull’erba la rabbia, la frustrazione. L’impronta decisiva è del pulsanese Antonazzo, indisturbato davanti all’angolo scoperto: e il gol, va detto, è un premio eccessivo per la formazione curata da Ugolotti, molto coperta e attendista, ma anche ben strutturata e sufficientemente furba. Il pari calzerebbe meglio, molto meglio: perché è il Martina che spreca, per tre volte in una manciata di secondi, l’occasione migliore per passare in vantaggio. E, soprattutto, perché è il Martina a tenere palla e ad orchestrare più a lungo. C’è, all’interno del collettivo di Napoli, l’autorevolezza per impostare e per dialogare con un avversario tecnicamente più evoluto. E c’è una mentalità più solida, che si forma sulla consapevolezza di potersi finalmente esprimere con argomenti migliori. Manca, piuttosto, un ritmo alto che permetta alle dinamiche di gioco di svilupparsi sino in fondo. E mancano accelerazioni e cambio di passo. Il Martina, così, finisce per non approdare mai dove vorrebbe. Si sente, oltre tutto, l’assenza di una prima punta: Montalto è squalificato e un suo sostituto, al momento, non esiste. Guadalupi, lì davanti a tutti, è un ripiego: si sacrifica e prova a gestire la palla, tentando di agevolare i compagni di reparto, ma l’operazione non riesce sempre. Arcidiacono, invece, si sistema largo a sinistra, un po’ lontano dal vivo dell’azione. E Petrilli continua a non produrre i guizzi che servirebbero. L’esperienza di De Martino, nel mezzo, non basta: la fantasia reclama altre caratteristiche. E il dinamismo di De Lucia (a proposito: ormai Gai sembra ai margini del progetto) non può sopperire ad altre carenze. Il giovanissimo Kalombo, all’esordio, banalizza qualche palla in fase di possesso e, proprio al tramonto del match, commette un paio di ingenuità pesanti. Per buona parte della gara, infine, la Casertana si ritrova in inferiorità numerica: che il Martina non riesce a monetizzare. Ed è  proprio questo uno dei peccati originali,   puntualmente pagati. Lo stop è assolutamente inopportuno, in questo momento: che è, poi, il momento della pianificazione della rincorsa. Quello in cui si immagazzina morale nuovo, cioè. Ci incuriosisce sapere come risponderà la squadra, adesso. E cosa riuscirà a proporre ancora il mercato di riparazione. Il tempo comincia ad assottigliarsi e scalare troppe posizioni, a dispetto di tante concorrenti, è un percorso saturo di incognite e, innanzi tutto, dispendioso.