martedì 12 aprile 2011

Il Lecce, De Canio e il calcio di sempre

Il Lecce sprinta, prima che il calendario si indurisca. Prima che arrivino due, tre impegni teoricamente proibitivi. E che si rischi di uscirne seriamente danneggiati. La squadra di De Canio sfrutta il suo momento felice. E lo fa sorpassando la Sampdoria sul suo stesso campo. Il successo, pulito e legittimo, segue di sette giorni la bella e grintosa affermazione ottenuta in Salento sull’Udinese. Sei punti in due match significano innanzi tutto cinque squadre sotto (Samp, Parma, Cesena, Brescia e Bari) a sei turni dal traguardo. Ma anche l’appropriamento di una consapevolezza diversa: il Lecce, cioè, può anche osare. E, in definitiva, può pensare seriamente alla permanenza. Perché il collettivo offre la sensazione di poggiarsi su una saldezza tattica, mentale e comportamentale affidabile e, finalmente, su un entusiasmo difficilmente attaccabile. In mezzo al mare degli elogi, che contribuiscono a fortificare il gruppo, (ri)emerge poi la figura del condottiero. Coach De Canio, talvolta dimenticato dalle chiacchiere dei bar e dall’immaginario collettivo, torna ad essere il collante del Lecce, la sua guida spirituale, il suo stratega, il suo profeta. E nessuno obietta. L’indice di gradimento popolare verso il tecnico materano risale, parallelo ai risultati. Certe frizioni del passato con la proprietà si sgonfiano, scompaiono. Ed evaporano anche quegli striscioni espressamente dedicati al caudillo, neppure tanto tempo fa. Niente paura, però: questa volta, non ci allarmiamo. E’ il calcio di sempre. Almeno, da questo punto di vista, nel pallone del Duemila c’è ancora qualche particolare che resiste, tignosamente. Tranquillizziamoci, allora. Anzi, riteniamoci persino sollevati.