mercoledì 13 aprile 2011

Il Taranto e le restrizioni: adesso si esagera

La settimana del Taranto comincia un po’ così e prosegue peggio. Il pari di Foligno (zero a zero) abbacchia i più ottimisti: quelli, cioè, che avevano intravisto inequivocabili segnali di crescita, nel collettivo. E che, pertanto, confidavano in una nuova affermazione esterna. Ma il successo di Lucca, ancora recente, resta isolato. Anche perché Sy e Guazzo, assieme, sprecano quattro opportunità da gol davvero interessanti, senza chiudere un match in cui la formazione di Dionigi detta i ritmi e il gioco. Come gli avversari, onestamente, ammettono. Il rendimento fuori dall’erba di casa, del resto, è tuttora il nemico più evidente di una squadra che, intanto, non conosce sconfitte da molte settimane e che, comunque, resta saldamente avvinghiato al vagone dei playoff. Il peggio, però, arriva più tardi. E non si materializza sul campo. Ma la situazione comincia a disturbare. L’ambiente, più che il gruppo. La tifoseria si sente vessata, una volta di più: non bastano i puntuali divieti di trasferta ai supporters non tesserati. Adesso, si ampliano puntualmente le restrizioni anche nelle partite dello Iacovone. Dove, domenica, arriva il Lanciano. E dove potranno accedere i residenti della sola provincia di Taranto. Dunque, semaforo rosso per chi tifa pur abitando in terra di Bari o in Salento, per esempio. O per chi abita ed opera altrove: e che, magari, potrebbe approfittare delle imminenti festività, unendo il calcio al ricongiungimento familiare. Al di là dei torti e delle ragioni (la tifoseria jonica, ammettiamolo, non si è sempre distinta positivamente: ma non si può generalizzare), adesso si sta proprio esagerando. Come sottolineano lo stesso presidente D’Addario (che, fa sapere, domenica allo stadio non andrà per solidarietà nei confonti dei non residenti, ma anche per protestare contro una situazione che, di fatto, limita anche l’incasso) e il sindaco della città Stefano, accorso sulla questione per sensibilizzare questura, prefettura e Cams). Il caso, in realtà, diventa sempre più antipato. E sempre più grave. Soprattutto se si compara questo metro di valutazione con quello applicato ad altre latitudini. Ma, d’altra parte, l’assenza di una disciplina certa della materia certifica, ancora una volta, la debolezza di un Paese in crisi e quella delle sue istituzioni. Puntando il dito contro una classe politica, quella tarantina, troppo periferica e inascoltata, morbida, trasparente e, talvolta, assente. E non da oggi.