lunedì 23 maggio 2011

Grandolfo, oro di Bari

Due spezzoni di match, nel corso del campionato. E, all’ultimo chilometro, una partita intera. Da titolare. Bologna-Bari, c’è spazio per Francesco Grandolfo, diciannove anni, castellanese di nascita, ma cresciuto a Casamassima. Il risultato non conta: emiliani già salvi, adriatici già in B. Il ragazo, però, si impegna sul serio. Tre gol in novanta minuti: potremmo sbagliarci, ma non ci sono precedenti con caratteristiche simili. Almeno, dall’istituzone del girone unico. Peraltro, Grandolfo - nella formazione Primavera - aveva convinto Mutti. Che, intanto, prova a lavorare in prospettiva futura: pur senza conoscere il proprio futuro. Gliene venga dato atto, detto per inciso. Test agevolmente superato: anche per la buona fattura delle realizzazioni. Al di là del carattere puramente amichevole di un incontro privo di significati. Risultato: a Bari – e non solo a Bari – stanno già scomodando il ricordo di Cassano. Proprio mentre sale la delusione per ciò che avrebbe potuto essere. L’esplosione di Grandolfo, cioè, avrebbe acuito i dolori della folla: che comincia a chiedersi perché non sia stato utilizzato prima, nel momento di fatica massima dell’attacco schierato prima da Ventura e poi dallo stesso Mutti. Quesito persino legittimo. Ma concetto probabilmente sbagliato: Grandolfo, o qualsiasi altro rampante, merita attenzione, ma anche protezione. Va lanciato, non bruciato. L’ingresso graduale nel calcio che conta, in un momento più soft, a stagione consumata (in tutti i sensi) potrà servirgli: di più e meglio. Come un campionato di serie B: il prossimo. Magari, caricarlo di responsabilità a battaglia (per la salvezza) in corso non avrebbe pagato. Anche se la sensazione di un apporto utile alla causa, oggi, si è fatto consistente. Ma, del resto, queste sono cose impressioni che maturano sempre dopo. E che si scontrano con la mancanza di coraggio di chi fa calcio. E, di contro, anche con una domanda: ma il coraggio, in Italia, è sempre premiato?