mercoledì 3 ottobre 2012

Taranto, cambia tutto

C'era una volta l'asse che sembrava aver cementato il rapporto tra il socio forte (Bongiovanni) e il manager sgradito alla piazza (Pieroni). Quella sinergia che aveva depotenziato il gruppo Papalia, vero collante della rinascita del pallone a Taranto. Tutto, però, gira attorno ai risultati: che, nel caso specifico, non arrivano (archiviata la fastidiosa caduta di Bisceglie, ecco l'affaticato pareggio interno contro una delle formazioni meno dotate dell'intero girone, il Sant'Antonio Abate). La schiettezza e l'umoralità di chi siede dietro le scrivanie del comando e le proteste della gente che tifa, poi, fanno il resto. Così, a quarantott'ore dall'ultima e dolorosa prestazione (squadra svuotata, senza idee, senza impronta, quasi piegata dall'inconsistenza dei singoli più attesi, che sullo Jonio non riescono a duplicare quanto fatto altrove), coach Tommaso Napoli si ritrova esautorato, il responsabile dell'area tecnica Tambone non è più saldissimo sulla sua poltrona, l'attaccante Sarli è praticamente sulla soglia, qualcun altro è prossimo al taglio e anche un altro uomo strettamente legato a Pieroni (Giovanni Spinelli) ha già lasciato i due Mari. All'improvviso (o, forse, non tanto) cambia praticamente tutto. Il Taranto, in due parole, si rivoluziona: e proprio Pieroni, da una situazione dominante, si ritrova defilato ai margini del progetto. Oltre tutto, la spinta della Fondazione Taras, una delle anime del club che prende ufficialmente le distanze dal manager, è forte e legittima le pressioni di una parte di tifoseria organizzata. Altre scosse di assestamento (come il recente ingresso nello staff dirigenziale di Domenico Pellegrini) lasciano, peraltro, immaginare scenari nuovi e, chissà, altri arrivi. Più o meno conosciuti. Intanto, sembra vicino l'ingaggio di Enzo Maiuri, ovvero il nuovo allenatore: esattamente uno di quei nomi spesi immediatamente dopo l'iscrizione al campionato di serie D ed espressamente ricusati da Pieroni. Il cerchio, dunque, sembra chiudersi. Restano, tuttavia, i problemi: quelli, innanzi tutto, di un organico che non risponde alle sollecitazioni. Ma anche quelli di una società alla ricerca di un assetto definitivo. Senza del quale non ci saranno decisioni condivise, cioè nette. E senza del quale non esiste futuro certo.