mercoledì 5 dicembre 2012

Venticinque giorni per ridiscutere tutto

La sicurezza, in dosi eccessive, fa male. Blocca la squadra, depotenzia la fame, aggredisce le gambe e la testa. La facilità di espressione, talvolta, corrompe, impigrisce. E, probabilmente, sono proprio la sicurezza e la facilità d'espressione i nuovi nemici del Lecce, che in un arco di tempo di venticinque giorni, sembra aver esaurito ingegno ed energia, bruciando buona parte del vantaggio robusto accumulato nelle prime nove giornate del torneo. La caduta brusca di Salò, domenica, risveglia il gruppo e, magari, pure qualche coscienza. Ma, innanzi tutto, incattivisce la proprietà, che non nasconde di mal sopportare inciampi e fatiche. E che non è sempre disposta a comprendere. O ad assolvere. Fa rumore la sconfitta, che si allinea ad altri risultati non proprio in linea con la marcia svelta che il club aveva ipotizzato o accarezzato. Ma, ancora di più, punge il dato numerico: il quattro a zero finale è brutale, indigeribile. Eppure, l'avversario non è di quelli che spaventano. Anzi, la classifica povera dei bresciani è un altro punto a sfavore. Però la Feralpi morde e riparte. E la squadra di Lerda si lascia trascinare nel vortice dell'involuzione, dimostrando di non aver saputo replicare alle prime difficoltà del percorso. Manovra a parte (emerge un po' di ruggine nella fase di possesso), il problema principale sembra annidarsi negli atteggiamenti. Il Lecce, ad esempio, lascia giocare l'avverasrio, senza intervenire. Sperando che gli allori recenti bastino e avanzino. E' arduo credere che il gruppo si ritenga sin d'ora impermeabile a qualsiasi intemperia. O che pensi di gestire il resto della stagione senza sacrificarsi, abbandonando il concetto di umiltà. Ma, se fosse realmente così, l'errore diventerebbe imperdonabile.