venerdì 19 giugno 2009

La guerra dei nervi

Tra Blasi e la città di Taranto è quasi guerra. Di nervi, prima di tutto. Il presidente è stanco: ne ha facoltà. Ma la gente che tifa (e anche quella che pensa e che commenta) non è disposta più a credergli. Se non altro, perché gli orientamenti mutano troppo in fretta e la filosofia calcistica dell’imprenditore manduriano si fa sempre più nebulosa. Le richieste sono note, ormai: tre milioni di euro e il pacchetto azonario del club può cambiare padrone. Cifre, magari, anche legittime: ma anche chi compra ha facoltà di valutare e soppesare la convenienza dell’operazione. E di allontanarsi dalla trattativa, se lo ritiene opportuno. Oppure di non avvicinarcisi nemmeno. Intanto, l’iscrizione al prossimo campionato si allontana, giura il massimo dirigente. Sarà, ma stentiamo a crederlo. Perché la liquidazione della società non converrebbe a nessuno. E, soprattutto, non converrebbe a Blasi. Che, intanto, tuona. Adesso più di prima. Perché, di fronte, si ritrova la sostanziale freddezza dell’ambiente e il nuovo muro eretto dall’amministrazione comunale, che chiede di essere saldata, prima di concedere il nuovo nulla osta per l’utilizzazione dello stadio. Com’è giusto che sia. Si accoda, poi, anche il direttore generale Iodice, che – velatamente, ma non troppo – attacca il sindaco. «Stefano – dice il dirigente – non si sta interessando del problema-Taranto». Un problema che possiede, in realtà, altri padri e che reclama altri attori. Bene fa, allora, il primo cittadino a replicare: «Non mi tupisce che Blasi cerchi di allontanare da sé, scaricandola su altri, la responsabilità di una gestione che non ha dato i risultati sperati». Chiaro, corretto, preciso. Palazzo di Città, al calcio dei due Mari, ha dato abbastanza, ultimamente. E nessuno può negarlo. Neppure Blasi. Uno che dimentica, forse, il punto nodale della situazione: il calcio, cioè, si fa investendo. Spendendo denaro vero. Anno dopo anno. Oppure non si fa: non è un obbligo. Blasi non deve sentirsi costretto a garantire ancora il proprio apporto e può abbandonare il campo quando crede sia oppurtuno eclissarsi. Ma non può deviare il baricentro della questione, né confondere i ruoli. Il pallone, del resto, è questo: prendere o lasciare. Ma non è detto che debba doverosamente spuntare chi acquista. Anche perché, ora, la posizione del presidente non dispone di grande peso specifico. Malgrado Blasi pensi il contrario.