martedì 6 ottobre 2009

Foggia, cala il buio

L’involuzione si era ramificata da un po’. Attaccando gli argomenti a cui il Foggia si era aggrappato sin dall’inizio del campionato. E minando gli equilibri faticosamente strappati alle incognite di una stagione pianificata con poche risorse. La squadra di Pecchia e Porta perde quasi sùbito quel po’ di appeal guadagnato in partenza e si siede. Contro il Marcianise, poi, funziona poco o niente. E il rapporto con la gente si deteriora definitivamente. Risultato: sconfitta amara e tutti a casa. Tecnici e dirigenza. Proprio questo è il problema: chi avrebbe dovuto traghettare il club in fondo al torneo si fa da parte, infastidito dalla crudezza del disappunto popolare. Piegandosi alla prima vera contestazione. Arrendendosi, cioè, di fronte alla consapevolezza che il messaggio di fondo non è stato recepito dalla piazza. O accettato. Doveva succedere, è accaduto puntualmente. Non l’anno scorso: quando la situazione di austerity è stata mascherata dalla bontà del risultato finale (playoff) e dalla scelta felice di un po’ di giovani rampanti (Troianiello, Germinale e qualche altro). Ma quest’anno: dove le limitate possibilità economiche hanno consigliato un ulteriore snellimento degli obiettivi e dove la gioventù di qualche acquisto estivo non sembra aver allacciato una piena confidenza con la terza serie. Il presidente Capobianco e i suoi collaboratori più stretti smobilitano. Ed è questo il punto. Che priva il calcio foggiano di un futuro definito. Quel futuro che sarebbe dovuto passare anche e soprattutto dalle necessarie (e dolorose, certo) operazioni di risanamento, appena abbozzate. L’ambiente non ha saputo o voluto aspettare. O, forse, non possiede più la predisposizione alla sofferenza. Ma, oggi, non emergono alternative concrete a quello che la gestione Capobianco avrebbe potuto continuare a garantire. E, allora, resta da chiedersi se è servito a qualcosa lacerare il rapporto e forzare gli eventi. Perché chi fa calcio si stanca e va via, prima o poi: quando, piuttosto, andrebbe incoraggiato. Soprattutto in assenza di opzioni migliori. E la sofferenza, invece, rimane. Esattamente di fronte a chi non la sopporta. E a chi l’osteggia. Peggiorando la situazione.