mercoledì 9 febbraio 2011

Il Bari e la prospettiva di una scelta

«Se il problema fossi io, me ne andrei. Ma il problema non sono io. Anche se, potendo tornare indietro, opeterei per altre decisioni. Però la squadra è stata costruita su giocatori come Barreto e Almirón, bloccati da infortuni e problemi vari. Ci vuole il tempo necessario per integrare tatticamente i recenti acquisti: tutti ragazzi interessanti, che però non conoscevo. Sembrano, lo so, giustificazioni di comodo, ma sono motivazioni oggettive». Giampiero Ventura si apre e si confessa. Difendendo l’onore della sua gente. E ammettendo l’ineluttabilità della realtà. Cioè: questa è la situazione, il Bari si è arenato ed è dura smuoverlo da lì. La tifoseria, però, ha già deciso: il tecnico è il colpevole massimo. E l’indice di gradimento dell’allenatore è al minimo storico. La nuova caduta di Brescia (due a zero, dopo aver sfiorato il pari) sancisce una frattura difficilmente sanabile. E, di fatto, mette la società nell’angolo. Obbligandola a scelte di campo nette e, comunque, dolorose. Matarrese giura che Ventura è blindato, ma l’accerchiamento sembra già iniziato. E non sarà facile resistere agli assalti. Primo tra tutti, quello del pessimismo: il Bari è unanimemente considerato più in B che in A. Neanche a metà febbraio. E non è soltanto la delusione ad alimentare il fuoco dello scoramento. Parla chiaro pure la classifica: il divario dalla quota salvezza attuale (dieci punti) è un dato preoccupante. Tanto quanto la pressione. E la prospettiva di dover scegliere: l’allenatore o la piazza.

L'imbarazzo del club di via Torrebella dura meno di ventiquattr'ore: Matarrese accantona Ventura. Mal volentieri: ma deve. Anche per parare la contestazione della tifoseria nei suoi stessi confronti. Cedere significa anche ricucire. O provare a ricucire. E poi la pressione della piazza, da queste parti, è cosa seria. E Matarrese lo sa.