martedì 25 settembre 2012

Brutto Taranto, la classifica frana

Chi, a Bisceglie, c'era parla chiaramente di dignità: dignità negata a se stessi. Di una squadra che perde (ma non è proprio questo il punto): senza giocarsela, però. Senza entrare in partita, senza rispettare il nome e il blasone che si porta dietro. Nel derby, il Taranto conosce il terzo rovescio su quattro match di campionato, di cui due sofferti in casa. Subisce un rigore, si ritrova in inferiorità numerica, certo: ma l'impressione che la gente di Tommaso Napoli dà è quella di una squadra che non può e non sa invertire la tendenza ed evitare la cattiva figura. Il Bisceglie è quello di sempre: prolifico, a tratti brillante, talvolta troppo sicuro del suo incedere o, molto più probabilmente, eccessivamente portato a specchiarsi. Il Taranto, invece, continua a dipendere dai suoi uomini più importanti che non incidono con continuità. Dimostrando di poter ambire ad un campionato poco più che anonimo: sempre che, durante la strada, non si rafforzi. E offrendo spessore alle parole spese dal suo ormai ex direttore generale Borsci, intervenuto all'inzio della settimana scorsa in una trasmissione sportiva per difendere l'operato della società e poi quasi costretto a confessare che esistono, nel girone H di quinta serie, almeno sette, otto formazioni più attrezzate (è vero, peraltro: non capiamo quale sia il problema). E, anche per questo, consigliato a rescindere il contratto dal gruppo di comando del club, che sta vivendo numerosi mutamenti politici (il gruppo Papalia, del quale lo stesso Borsci faceva parte, è ai margini del progetto e l'asse Bongiovanni-Nardoni-Pieroni sta provando ad avvicinare nuovi soggetti economicamente dotati: per esempio Mino Colomba, come dimostra il recentissimo ingresso in società di Domenico Pellegrini). Questo torneo, intanto, sta selezionando i suoi protagonisti: e il Taranto, tra questi, non c'è. Occorre prenderne atto. Evitando di crocifiggere chi ha riportato frettolosamente il calcio sui due Mari e, successivamente, approntando l'organico con risorse limitate e pochi giorni utili. Continuare a nascondere un'altra verità, però, non è un buon segnale: se la squadra, oggi, vale la classifica che possiede, è giusto sottolinearlo. Invece di zittire ed esautorare chi ha avuto il coraggio di dichiararlo pubblicamente. E poi, per liberarsi di un personaggio scomodo sarebbe piovuta, prima o poi, un'occasione migliore.