lunedì 17 settembre 2012

Martina, il match nasce ruvido

Ci sono match che nascono agevoli (quello con il Foligno, per capirci) e altri che s'inaspriscono abbastanza presto. Il Teramo, a Martina, passa dopo diciotto minuti e dopo aver digerito e sbrogliato la pressione iniziale della gente di Di Meo. L'episodio che sembra invertire i valori sul campo sorge dalla fallita corrispondenza tra Filosa e Leuci, ma finisce con il rinvigorire e inspessire la manovra abruzzese: particolare che quasi non porta al raddoppio. Il Martina, tuttavia, possiede più fantasia ed è qualitativamente meglio fornito: la prima vera accelerazione, infatti, sfocia nel pareggio (Filosa si riscatta immediatamente). Risultato: le gerarchie si ristabiliscono in fretta. Eppure non è una gara facile: Gambuzza e soci, talvolta sbrigativi nella trama, disperdono qualcosa. E l'assetto difensivo non appare troppo saldo. Applicazione, cioè, non significa precisione. Ad ogni modo, il Martina si fa preferire in fase di possesso. E, comunque, più nella prima frazione di gioco che nella ripresa, quando continua a devolvere il tributo ad una condizione atletica ancora perfettibile. Progressivamente, viene anche a difettare la lucidità: la prova è l'esagerato ricorso alla simulazione finalizzata ad un penalty che, peraltro, arriva ad un quarto d'ora dalla fine dei giochi. Trasforma Del Core, ottimizzando una supremazia territoriale ormai irretita. Ma il Martina, ed è quello che conta, supera la prova, pur dovendo rinunciare per larghi tratti alla forma, ovvero alla prestazione. Immagazzinando punti, stimoli e autostima per veleggiare in un torneo che deve ancora svelarsi. Ed eleggere i propri parametri di valutazione.