lunedì 18 gennaio 2010

Brucato, Rimini fatale

«Ci vuole un segnale forte». Così parlò D’Addario, il presidente del Taranto che avrebbe giocato (e perso malamente) poche ore più tardi a Rimini. E il segnale forte è arrivato. Dopo. Sùbito dopo il match: quando il tecnico Brucato viene esonerato senza saperlo. Anzi, apprendolo dalla stampa, davanti a block notes e telecamere. E chissà quanto incide sulla scelta la contestazione popolare cominciata a partita tuttora in corso. Magari poco, dal momento che il vertice societario ama ripetere di saper parare tutte le pressioni che si condensano all’esterno e di non accettare mai consigli. Di fatto, il Taranto crolla senza giocarsela, innescando una soluzione sempre rinviata: l’esautoramento del coach. Più volte difeso o graziato. Mai troppo amato dalla piazza. Uno che, sinceramente, non ci ha mai entusiasmato. Al quale è stato concesso, nel tempo, il beneficio di una controprova. Materializzatasi dopo la riapertura del mercato, da cui è uscito un organico differente negli uomini e nelle caratteristiche. Più vicino, si è detto, alle idee e alle esigenze di Brucato. Sul quale, però, l’allenatore nisseno, al di là della formazione allestita in Romagna, non ha potuto lavorare più di dieci giorni. Spazzato dai nuovi appetiti della proprietà, Brucato si è peraltro anche adombrato per le modalità del provvedimento. Glielo concediamo. Se non altro, per la tempistica che ha accompagnato il licenziamento. Piovuto nel momento meno atteso, forse. E, comunque, a ricostruzione appena avviata. Ma, si sa: la fiducia si esaurisce, prima o poi. Soprattutto se evapora anche la chance di riserva: sia pure formalmente.