lunedì 24 maggio 2010

Brindisi, quel pari che penalizza

Playoff faticosi. E il Brindisi digrigna i denti. Gara uno della semifinale è test di difficoltà duffuse: perchè l’avversario (la Cisco Roma) è formazione ben sistemata sul campo, esperta e ordinata dietro, surrogata tecnicamente da buone individualità e scafata quanto basta per arginare la pressione altrui con pressing e sacrificio e per gestire la ripresa, dove soffre abbastanza poco. La gente di Silva produce tre occasioni interessanti e coglie anche un palo, con Carcione: ma il suo match è un po’ imballato e la manovra si incarta spesso. In mezzo al campo, Fiore tramonta sùbito, Piccinni svolge il compitino e Battisti può offrire geometria, ma non idee. Mortelliti, del resto, è in panca, debilitato. E, davanti, Moscelli non trova né lo spazio, né gli spunti. Albadoro, preferito a Da Silva, capisce un po’ tardi che, per catturare il pallone, deve ripiegare e cercare lo scambio. E non assicura spessore per tutto il match. Lo zero a zero, alla fine, penalizza il Brindisi vistosamente. Perché, nella manche di ritorno, diventerà obbligatorio vincere, per proseguire la corsa. Operazione, di per sè, non impensabile, ma oggettivamente ardua: soprattutto se Trinchera e compagni non guadagneranno agilità, densità, aggressività e lucidità. Qualità che il Brindisi, quando serve davvero, dimentica spesso. Evidentemente, non per caso.