giovedì 13 maggio 2010

La retrocessione amara del Francavilla

Ci sono squadre obbligate a dare tutto. A darsi per intero. A digrignare i denti, a scalpitare. E a sgomitare. A credere in se stesse e alla salvaguardia del proprio obiettivo proprio nel momento in cui transita l’occasione. Né prima, né dopo: ma in quel preciso periodo storico, in cui si incrociano le astuzie del calendario e si pianificano le vicende altrui. Ci sono squadre chiamate alla prova di maturità, ultima stazione per la permanenza. Che possono sovvertire le impressioni e i pronostici. E che possono pure mancare fatalmente, bruciando l’esame. Non cogliendo l’attimo. Arenandosi nella medesima inconsistenza di tanti mesi sprecati. Rimanendo un po’ in disparte, un po’ confuse, imbrigliate dall’ineluttabilità degli eventi: con quella strana consapevolezza di dover pagare il dazio, ancora prima del confine. Pronte al sacrificio: perché così sembra scritto. Una di queste squadre è il Francavilla. O, almeno, questa è la sensazione che ha offerto. La squadra di Ruisi (a proposito: la sua grinta, tradizionalemnete utile nelle infusioni di coraggio a sostegno del collettivo, sembra annacquata, all’improvviso. Non è un buon segnale e fa sospettare troppe cose) difetta l’approccio con le partite decisive. Svalutando anche le opportunità di scorta (nell’ultimo turno del torneo, domenica prossima, l’avversario diretto Pisticci riposa). E la retrocessione diretta, con novanta minuti di anticipo, copre due anni di serie D difesa con onore. Retrocessione particolarmente amara: perché, al contrario di altre realtà, il Francavilla ha potuto operare sul mercato. Più volte. Malgrado il programma di contenimento dei costi pubblicizzato in estate: operazione che, poi, ha costretto il presidente Distante a spendere più o meno quanto la stagione precedente. Chiusa, però, con una permanenza comoda. E particolarmente amara perché il Francavilla, nel corso del campionato, ha sciupato opzioni irripetibili: più per indolenza, che per incapacità (una partita per tutte, quella di Pisticci, che poi ha ufficializzato lo stato di crisi dal quale Paglialunga e soci non hanno più saputo uscire). Retrocessione amara, ma forse anche concordata col destino, inconsapevolmente: della quale si assume parte delle responsabilità Distante, con onestà intellettuale. Prima di lasciare il club, si dice. E dopo aver capito che, in fondo, la gestione tecnica di dodici mesi addietro, frettolosamente esautorata, non era così cattiva e così dispendiosa.