martedì 23 novembre 2010

Foggia, lavoro di prospettiva

Se il Foggia c’è, insiste. Vibra, appassiona. E si esalta. Appaltando sistematicamente il risultato. Con espressioni numeriche persino forti. Significative. Pensiamo all’ancora recente successo sulla Ternana. O ad altre prestazioni di spessore: come quella di Roma, per non perdersi ecessivamente nei meandri del tempo. Ma, quando il Foggia si fa assaltare, scricchiola. E cede: con puntualità. Abbattendosi e lasciandosi governare. Seminando dubbi su un campo di certezze appena arato. Due esempi su tutti, ugualmente vivi nei ricordi della gente: il rovescio casalingo di fronte al Siracusa e l’ultimo match, quello di domenica. Dove la Nocerina, molta qualità e tanto entusiasmo dettato da una leadership che tiene, fa valere i diritti del miglior assortimento tecnico e di una coesione più limpida. Tre a uno, risultato equo. Inequivocabile. Che i campani edificano per propri meriti e che la formazione di Zeman subisce quasi senza fiatare. Fallendo, come sottolinea il boemo, l’approccio e la reazione. Due condizioni essenziali per capire la partita e per puntarne il cuore. Ma anche due ingredienti imprescindibili per poter attendersi buone notizie, in futuro. Il Foggia che va e che viene, lo abbiamo già scritto, serve a cercare una strada migliore, non a esaltarsi. E aggiungere pressione alla squadra non è un’idea felice. Non adesso, almeno. Meglio affacciarsi alla finestra e godere degli sprazzi di buon calcio, guardare come va. Questo campionato resta quello che avrebbe dovuto essere e che dovrebbe confermarsi sino a maggio: di transizione. E di lavoro in prospettiva.