domenica 7 novembre 2010

Il solito Lecce

Altri novanta minuti spiegano il solito Lecce. Che, in trasferta, distruggono l’appeal guadagnato in casa. Per l’occasione, la gente di De Canio si arrende a Bologna. Brillando poco, ma pagando – probabilmente – anche oltre i propri demeriti. I felsinei, però, ricorrono alle potenzialità dei singoli (Di Vaio, per esempio: uno che, spesso, risolve qualche situazione complicata). Sprintando nel momento di maggior urgenza. Resta abbacchiato, invece, il Lecce che non ha ancora assimilato il concetto di salvaguardia personale, che non ha imparato a cautelarsi. Quel Lecce che, lontano da casa, continua ad offrire quella sensazione di incompletezza, di ingenuità, di cattiva abitudine alla protezione. Guaio serio: perchè il passaporto per una nuova esperienza in serie A non può essere unicamente timbrato in via del Mare. E soprattutto perchè una squadra come questa non può pensare (o sperare) di ottenere sull’erba amica sempre il massimo profitto. I valori del Lecce e di molte altre concorrenti che dovranno scendere in Salento restano quelli che sono: illudersi del contrario è peccato mortale.