sabato 10 aprile 2010

Taranto, ultima chance

Prima o poi, doveva accadere. Perché gli ingredienti c’erano tutti: l’inesperienza della proprietà, l’imprudenza mediatica di certe dichiarazioni, il labile confine tra titolarità delle scelte del tecnico e ingerenze presidenziali, l’ambizione frustrata, il malcontento popolare. Il Taranto perde partita (a Cava, domenica) e, forse, l’obiettivo (i playoff). E, innanzi tutto, perde la fiducia della gente che tifa. Quindi, a settimana appena cominciata, D’Addario conosce la prima contestazione personale. Inattesa. Allo Iacovone, tra sorpresa, rabbia e imbarazzi, volano parole e cose. Seguite immediatamente da una comunicazione amara e, peraltro, da interpretare con cautela: la società è in vendita. Ammesso che esista un compratore. O meglio: il Taranto è lieto di conoscere chiunque lo desideri. Cioè, il presidente è irritato. E la lunga lettera che accompagna la novità sa tanto di sfogo. O di provocazione. Di sfida, magari: la sfida di chi ha liberato il club dall’invisa gestione Blasi. Operando massicciamente sul mercato e promettendo la B. Di chi, come D’Addario, si ritiene in credito con la città. E nel pieno diritto di rivendicare le proprie ragioni. E le proprie idee. Sfogo, provocazione, sfida. Che parte della tifoseria traduce, invece, in ricatto. Di certo, però, la grande fiducia del numero uno si trasforma, all’improvviso, nella grande delusione. E le certezze di ieri diventano le incertezze di oggi. E, chissà, di domani. La passione di un tempo, dunque, sembra già sfiorita. Ma, forse, è tutto un equivoco. Ecco, sì: uno sfogo, una provocazione. Una sfida. Che, doverosamente, si nutrirà dei risultati che il Taranto saprà ottenere sul campo nelle due prossime partite. Si comincia con il Portogruaro, in casa, domani: è il clima è da ultima chance. Anche per Passiatore, quarto allenatore della stagione che non ha saputo ancora scrollarsi il sospetto di ritrovarsi incatenato alle volontà altrui. E che sta pagando per intero il salto improvviso in una panchina importante, senza il conforto della gavetta. E, ovviamente, è l’ultima occasione anche per D’Addario: uno che fatica ancora a decodificare l’assoluta unicità del pallone, azienda atipica che può bruciare chiunque e che vive di regole proprie. Alle quali, presto o tardi, dovrà necessariamente abituarsi. Come alla contestazione: uno stato di suggestione collettiva che non si piega al peso dei ricordi. O della gratitudine.