A proposito: le critiche, in città, si affacciano copiose e l’AS Taranto replica con un comunicato stampa. Alcuni passi: «Operosità, basso profilo e rifiuto di ogni polemica. Su queste basi la AS Taranto ha provato a fondare la sua stagione (…). Perché a Taranto non si riesce a fare qualcosa di importante, dentro e fuori al mondo del calcio? (…) Restiamo sbalorditi nel leggere alcuni commenti che accompagnano la nostra avventura in questa stagione. E, passandoli in rassegna, comprendiamo parte dei perché a Taranto sia sempre così difficile costruire. Consolidamento e transizione. Abbiamo reso pubblici da subito i nostri obiettivi stagionali, con grande trasparenza. Nessuno ha parlato di promozione. Per questo leggere oggi di un presunto immobilismo societario o di inconfessate ambizioni di promozione ci appare scorretto e pretestuoso.(…). La AS Taranto non è una onlus, né un ente benefico. Ci spiace deludere chi pensa ciò, ma le risorse – anche umane e lavorative – necessarie ad onorare gli impegni quotidiani, settimanali, mensili e trimestrali impongono al Taranto di essere non solo passione, ma anche un’azienda (…). Ma non possiamo diventare il bersaglio dell’insoddisfazione cittadina. Nel rimpiangere un passato glorioso e distante diciotto anni, nel ricordare vecchie glorie e promozioni sfumate, questa città pare non accorgersi che noi siamo qui da solo un anno e mezzo. Che senza un quotidiano impegno di risanamento e copertura di debiti oggi il Taranto non sarebbe neanche iscritto al campionato (…).». Frasi condivisibili, sicuramente. Di buon senso. Ma non è l’impegno societario che viene disconosciuto. Né la volontà di operare per il bene comune. Semmai, lasciano perplessi gli argomenti e le modalità con cui vengono perseguiti gli obiettivi. La chiusura concettuale a molte forme di comunicazione, la coltivazione dell’attrito con una parte della tifoseria, l’ostinazione ad equiparare un club di pallone a un’azienda commerciale, l’idiosincrasia a nominare professionalità specifiche nei ruoli, certe scelte tecniche (aver ripiegato, ad esempio, su cognomi già bruciati), la sconfessione dei programmi (si era parlato di un processo di ringiovanimento dell’organico: ma, in realtà, non è accaduto) e certe contraddizioni di fondo (una per tutte: se la promozione immediata non è tra gli obiettivi, perché cadere in frequenti stati di fibrillazione nociva?) sono dati di fatto che erano e restano un fossato tra chi governa e chi tifa, oppure osserva.