domenica 19 ottobre 2008

Taranto, tra moduli e memoria

La scelta del modulo di Dellisanti stava appassionando la città. Perché a Taranto, ormai, si erano schierate due correnti di pensiero. La prima vicina alle posizioni del tecnico, che difensivista non è, ma che pure aveva ravvisato nel 4-1-4-1 elementi di garanzia, cioè di equilibrio: fuori dallo Iacovone (dove, peraltro, sono stati realizzati nove punti sui dodici disponibili) e anche in casa (ma qui il saldo è assai meno positivo). E la seconda più convinta della bontà del 4-4-2, cioè la soluzione storicamente preferita dal coach di San Giorgio: eppure, temporaneamente accantonata per la contingenza degli eventi e per le caratteristiche fondamentali di chi scende in campo. Quel 4-4-2 verso il quale proprio Dellisanti sembra orientato a ripiegare, già oggi contro la Paganese. Per obiettiva esigenza, più che per una precisa svolta tattica: Paolucci, centrocampista che sa gestirsi tra le linee e che può smuovere il tessuto strategico della partita, si è infortunato e mancherà per un po’. Svanita un’altra occasione per dividersi, l’ambiente che circonda il Taranto dovrà allora indirizzarsi altrove. Magari sulla questione legata allo stadio, tuttora inaccessibile. Ma questa, pensandoci bene, è storia vecchia: e non stuzzica neanche più. Servirà altro, perciò. In attesa che la squadra trovi argomenti interessanti anche sul proprio terreno. E in attesa, perché no, di qualche altro guizzo di Eziolino Capuano, vecchio amico che, questa volta, guida proprio la Paganese e che, domenicalmente, occupa qualche titolo di giornale. Lo stesso Capuano che, l’anno scorso, si occupò della gestione tecnica della Juve Stabia e che, in coda al match disputato contro il Taranto, seppe essere protagonista assoluto. Accusando non sappiamo ancora chi e perché e dicendo molto, ma non tutto. Promettendo, anzi, di fornire nomi, cognomi e prove di chissà cosa. Mai arrivati, però. O dimenticati. Noi, invece, possediamo buona memoria e ricordiamo quel giorno. Che, probabilmente, non ricorda neppure chi avrebbe dovuto intervenire. Per esempio, la Procura Federale. Oppure l’Ufficio Indagini. Per vagliare e, magari, interrogare. E, possibilmente, sanzionare: non un fatto che, evidentemente, non si è mai configurato. Ma chi ha lanciato accuse quasi dettagliate. E neppure ritirate. Ma, appunto, solo dimenticate.