mercoledì 22 settembre 2010

Andria, ingenuità e prospettive

Uno solo in mezzo a tre. Portiere compreso. E, ovviamente, l’artigliere (che si chiama Nicola Russo) colpisce. Al novantesimo, praticamente. E’ così che si perde un derby. E’ così che l’Andria maledice la tasferta di Taranto. Interpretata, questa sì, con la convinzione giusta, con la perizia necessaria, con la mentalità migliore. Quella che permette di condurre, ad un certo punto, il risultato e di raddrizzare l’andamento del match dopo che l’avversario si è rivoltato, ribaltando il punteggio. Adesso, Papagni e il suo entourage credono che la squadra si sia adagiata sull’emozione del recupero o, più semplicemente, su un pareggio ritenuto blindato, sicuro. E, invece, tutto da discutere, sino all’ultima palla. Come tante volte accade, del resto. Ma il coach, intimamente, spera anche di aver intravisto, nella trasferta sui due Mari, segnali di ripresa definitivi. O, quan to meno, nitidi. L’Andria, se non altro, oggi accetta la sfida. E, se accetta la sfida, dimostra di praticare anche un calcio di pubblica utilità. Non attende soltanto: ma s’industria per graffiare. Non si concede alle coincidenze della partita, ma prova anche a determinarla. Non s’inginocchia, ma lavora per crearsi una ragione. E, dunque, per combattere. Tanta roba, se pensiamo alle prime giornate del torneo. E, cioè, se torniamo indietro di pochissime settimane. Tanta roba, se la sensazione dovesse fortificarsi. Abbastanza per dimenticare un derby sprecato da un’ingenuità primordiale.