lunedì 13 settembre 2010

Bari, fiducia e consensi

Questo Bari miete fiducia e riscuote ancora consensi. E fa felice chi la sostiene. La personalità spesa a Napoli, prima del vantaggio e, al culmine della fatica, nelle ultime battute del match, quando va inseguito un risultato sfuggito chissà perché, assicura e conforta. E il calcio disegnato dal Bari, quello che Ventura si incarica più volte di sottolineare di fronte a taccuini e microfini e anche sul campo, a due a due appena sigillato, rivela una dedizione al servizio della continuità d’espressione. Ma questo Bari di Napoli fa anche un po’ immalinconire. E’ quel Bari padrone della situazione che si specchia e che dimentica di affondare quanto potrebbe, che si priva dell’opportunità di riparare lo score da qualsiasi intemperia, che disperde la possibilità di raddoppiare. Per questo, a fine gara, il coach si amareggia non poco. E solo la reazione finale stempera la delusione. Domanda logica, allora: bisogna essere contenti di questa squadra? Proviamo a rispondere, sintetizzando: sì. Perché certe emozioni rimangono nell’immaginario collettivo della gente. Sempre e comunque. Perché il Bari non deve – non dovrà – mai liberarsi concettualmente dal proprio obiettivo dichiarato: che è poi obiettivo di saggezza, saldamente vincolato alla realtà delle cose. Perché il suo processo evolutivo è ancora in fase di assestamento. E perché, infine, l’intelaiatura a disposizione di Ventura può contare su qualche pezzo sufficientemente pregiato, in grado di facilitare il percorso (Almirón, Álvarez, Barreto), ma non di più. Diciamola tutta: questa è qualità relativa, che non basta. Anche quando si associa all’organizzazione collettiva. La qualità assoluta è altra cosa: che altri, sicuramente possiedono. Ma che, in riva al’Adriatico, oggi come oggi, è impossibile pretendere: facile comprenderne il motivo. E, dunque, sì: è giusto essere contenti (e orgogliosi) di questa squadra: arrivi quel che arrivi. La città impari a godersela. Per sognare, c’è sempre il tempo.