sabato 2 ottobre 2010

Flora, fine della corsa

La squadra galleggia con decoro (due successi, altrettante sconfitte, classifica serena). La società si impantana nelle incognite. Il calcio, a Trani, rischia di essere nuovamente schiacciato dalla disaffezione e dai fraintendimenti. Flora, il patron, è ufficialmente dimissionario: garantitrà – così dice – quello che deve sino alla riaperture delle liste e poi saluterà. Senza transitare altrove. C’era, del resto, qualcosa di strano, nell’aria: sin da quest’estate. Immediatamente prima che lo stesso Flora raddoppiasse l’impegno, sùbito dopo la promozione ottenuta in D. Allora, però, la frattura tra il presidente e l’ambiente imprenditoriale e cittadino fu compensata. O meglio, mascherata da promesse inevase di assistenza ecomomica. Il problema germoglia con un paio di mesi di ritardo: niente di più, niente di meno. E il numero uno, di fare calcio da solo, non ha più voglia: gli va dato atto di averlo comunicato per tempo. E, soprattutto, di essersi incamminato ugualmente, senza garanzie concrete. Difficile capire se la nuova situazione, adesso, smuoverà qualcosa. Le parole di Flora, però, scivolano cupe: «Il pallone, a Trani, non interessa nessuno»: molto più di uno sfogo. Molto più di una sensazione. Una certezza, sancita dagli ultimi vent’anni di pallone, a queste latitudini. E dalle stesse conclusioni tratte da chi (Abruzzese, Simone, altri ancora) aveva gestito il club prima di lui. E anche questa è storia. Insindacabile.