martedì 16 marzo 2010

Dellisanti e il divorzio annunciato

Avevamo ipotizzato l’esonero, cioè la beffa: per chi, da aziendalista più o meno convinto, si sarebbe trovato – molto presto – a ripararsi dai cattivi risultati e dall’esuberanza del suo presidente. Al quale, evidentemente, non bastano l’obbedienza o l’accondiscendenza, se non arrivano i punti. Ma, invece dell’esonero, sono arrivate le dimissioni di Franco Dellisanti: più o meno pilotate dalle circostanze e dalle convenienze. Certe volte, cambiano le parole. Non il senso. E così, il Taranto vive il suo quarto (e ultimo?) cambio di panchina in una sola stagione: numeri che, solitamente, accompagnano una squadra sulla via della retrocessione. E non una che galleggia al di qua della soglia dei playoff. Ma la storia è complessa, oltrechè datata: e ci pesa anche riassumerla. Basterà, allora, spiegare che la decisione del coach (o della società, o di entrambi: che cambia?) segue il pareggio grigiastro di Potenza: dove, forse, neppure una vittoria avrebbe potuto sanare certe crepe che hanno ultimamente segnato i rappoti interpersonali. Anche se un successo avrebbe ufficialmente rilanciato la rincorsa di Migliaccio e compagni. In Lucania si fa preferire la formazione del gladiatore Capuano, nemico consolidato di ruvide battaglie. E non conforta affatto la prestazione priva di spunti e di personalità del Taranto contro l’ultima della classe. Un Taranto ancora imbattuto, ma pure confuso. Detto questo, tuttavia, rimane un sospetto: e se la risoluzione del rapporto fosse già maturata prima della trasferta? Non che cambi molto, comunque: anche questo fa parte del gioco. E ne siamo consapevoli: più di chi si affretta a smentire. Punto e a capo, allora. Con un capitolo nuovo. E un nuovo nocchiero, che arriverà in queste ore: chissà quanto consapevole del vero ruolo che l’attende. E del proprio peso specifico all’interno del progetto, soprattutto. Un progetto che fluttua su equilibri sempre più labili. Che Dellisanti, intimamente ispirato dalla sete di riscatto, ha rifiutato di considerare prima e affrontato poi, quando ormai era tardi. Lasciandosi travolgere ancora una volta dagli eventi, dai personaggi e dalla propria fragilità.