martedì 23 marzo 2010

Giannini, questa volta è proprio vero

Il Gallipoli annaspa. In classifica (l’ultimo insuccesso casalingo contro il Brescia, ancorchè illegittimo per quello che il campo ha lasciato vedere, è assolutamente fastidioso: da adesso in poi, occorrerà sgomitare, per salvarsi) e dentro di sé. Giannini, i cui malumori circolano frenetici da almeno un mese, è stanco e lascia la panca. Dimissioni, come l’altra volta: accerchiate dalla certezza che il percorso in campionato, da solo, c’entri poco. O che, comunque, concorra appena. No, il malessere è radicato nella scarsa fluidità di comunicazione con la proprietà, per esempio. E nei malintesi che hanno ormai innervato il rapporto. Ma, soprattutto, nella difficile situazione societaria, negli stipendi che non arrivano (e che, pare, non arriveranno), nel deterioramento del rapporto di fiducia tra il gruppo e chi lo dirige. Nella consapevolezza di non poter confidare più nel progetto e neppure nel domani: perchè i segnali malvagi ci sono e stanno minando le fondamenta della costruzione. Mentre, evidentemente, continuano a incidere quelle frasi messe da parte per un po’, ma sempre pesanti, che hanno preceduto e seguito l’ammutinamento della squadra di febbraio e il chiassoso screzio in tribuna tra l’allenatore e il presidente D’Odorico durante il match disputato contro il Grosseto. Intanto, il Gallipoli sembra sgretolarsi. E l’abbandono di Giannini, il vero collante dell’organico e, quindi, del bagaglio di speranze di salvezza, sembra accelerare il processo di avvelenamento dell’ambiente. Proprio all’indomani dell’ultima dichiarazione del patron, stritolato dall’impotenza gestionale (i conti societari sono ormai vigilati dall’autorità giudiziaria, dopo le accuse dell’ex presidente Barba), dallo stallo delle proprie risorse economiche, dalla questione-stadio (gli steward attendono di essere pagati e anche il Comune di Lecce, proprietario della struttura in cui la squadra gioca le gare interne, vuole essere saldato) e dalle pressioni di popolo che soffiano forti. D’Odorico, forse per provocare oppure no, avrebbe ventilato l’idea di restituire a Barba le quote societarie che ancora non ha onorato finanziariamente. Probabilmente, quello che l’onorevole attendeva di sentirsi dire: al di là della trattativa che potrebbe eventualmente seguire. In sostanza, la soluzione che oggi ci sembra meno traumatica per tutti, la più indolore. Anche quella più semplice e suggestiva. Ovvero, la più conveniente, per il Gallipoli. Che, altrimenti, non possiede alcun futuro sostenibile.