domenica 14 marzo 2010

Lecce, risveglio inquietante

Evidentemente, la flessione dei risultati (quattro pari di fila nelle ultime quattro uscite del Lecce) era parte integrante di un processo di indebolimento della manovra e del profilo psicologico della squadra. Amplificatosi nel match in cui, invece, la formazione di De Canio avrebbe dovuto rassicurare la sua gente e legittimare la propria leadership nel torneo di serie B. La prestazione, di fronte al Cittadella, sull’erba di casa, è di quelle che lasciano pensare, al di là dello score sconveniente ed esagerato. Il rovescio, per cinque a uno, è uno schiaffo irriverente e netto, faticosamente digeribile. Ed è il frutto di una gara opaca, incerta, macchiata da disguidi e da un atteggiamento incomprensibile. Perché il Lecce non partecipa, limitandosi ad assistere. E non reagisce, nè si ribella. Piegandosi supinamente. Di più: la capolista non entra mai in gara, privandosi in mezz’ora della possibilità di rimediare. E solo la mediocrità altrui (davanti, Grosseto e Ancona a parte, si fermano anche tutte le altre concorrenti) le permette di conservare poltrona e vantaggio. Lo stato di crisi, cioè, è dichiarato. E va fronteggiato. Ci prova sùbito il coach, distillando parole che provano a distrarre dalla squadra il peso della disfatta: «Mi accollo tutte le responsabilità, non sono riuscito a preparare la gara come avrei dovuto. Siamo mancati fisicamente e mentalmente». Operazione lodevole, senza dubbio: ma sufficiente a sfuggire dalla realtà solo per un po’. Il disagio sembra ampio: e il difetto nell’approccio ai novanta minuti non basta a giustificare la brutta figura. Proprio mentre comincia a preoccupare il calo atletico, se di quello si tratta: in prossimità del rush finale non è una bella notizia.