venerdì 13 novembre 2009
Brucato, critiche scomode
Troppe critiche. Dall’esterno e e dall’interno. Dalla gente e dal vertice della sua stessa società. Che oscurano il ritorno al successo, affiorato dopo una sequenza di pareggi faticosamente accettati. E Brucato, guida tecnica del Taranto, si ribella. Giurando di non capire. «Nemmeno una vittoria riesce a starci bene», chiosa. In realtà, alla volubilità e alle esigenze di una città assetata di tutto e, in particolare, di pallone dovrà necessariamente abituarsi: quella tra i due mari è una piazza che vive di calcio parlato, che si macera nelle sue frustrazioni e nel proprio vittimismo. Dove non si concedono sconti a nessuno. Soprattutto se la vittoria non è limpida, malgrado il coach si ostini ad affermare il contrario: legittimamente, come democrazia concede. E soprattutto se il problema tattico e gli affanni della squadra restano intatti.
giovedì 12 novembre 2009
Pellegrini, addio elegante
Dopo Pellegrini, ecco Chiricallo. Di nuovo sulla panca dopo l’esperienza agrodolce di Barletta. Il Monopoli volta pagina. E l’ex tecnico si dilegua annotando qualche concetto in una lettera aperta assai garbata. «La mia non è una resa – scrive, tra le altre cose - ; anzi, è un gesto che credo possa portare soltanto dei benefici… In mezzo ad evidenti lacune strutturali, con una squadra allestita in breve tempo e molto giovane, sono riuscito credo, attraverso la cultura del lavoro e della professionalità a impostare un certo tipo di percorso. Lascio il Monopoli a cinque punti dalla zona-playout, come mi aveva espressamente richiesto la società la scorsa estate. Evidentemente qualcuno al di fuori della società è convinto che questo gruppo possa puntare ad altro». Se ne va con eleganza, merce rara in questo calcio che è palestra di improvvisati e improvvisatori, di maligni e millantatori, di ruffiani e arroganti, di supponenti e traditori. E con la consapevolezza di aver pagato oltre il limite delle proprie responsabilità. E se ne va seminando fiori, invece di spine. Con stile. Non sarà male ricordarsene.
mercoledì 11 novembre 2009
Monopoli, Lacarra non salva Pellegrini
Davide Pellegrini non salva la panchina. L’ultimo pareggio del Monopoli è letale. Perché tre punti negli ultimi otto impegni sono pochi per tutti: anche per chi ha cominciato il campionato con passo effervescente. La risoluzione (consensuale, dice il comunicato ufficiale) del rapporto tra il tecnico e la società, del resto, era attesa. Pellegrini paga l’involuzione della squadra, ammaccata e palesemente svuotata di molte certezze dell’ancora recente passato (persino Lanzillotta, sin qui irreprensibile, adesso non carbura). Al coach non è sufficiente neppure il guizzo finale di Lacarra, artigliere motivato e anche inquieto (zittisce platealmente la curva e viene contestato). Ma il Monopoli, effettivamente, si è spento da un po’. Diciamola tutta: Cortesi (ancora impalpabile) e soci, di fronte al Manfredonia, limitano i danni in un derby difficile sin dall’inizio e privano l’avversario di un successo ormai legalmente conquistato. Ritrovando nel finale, è vero, quella grinta smarrita (il risultato è riparato nelle ultime battute, come in altre occasioni), ma convincendo poco. Soprattutto nelle operazioni di possesso palla. Ma anche nella gestione delle situazioni ordinarie (il Monopoli arriva sempre secondo sul pallone, ad esempio). E poco importa che i sipontini indovinino una delle migliori partite della stagione. Il disagio, di questi tempi, è evidente: al di là delle condizioni altrui. E finisce per penalizzare una squadra che sconta (è una verità) anche il bellissimo avvio di stagione. Una squadra, cioè, che nei primi due mesi di campionato certifica di aver raccolto molto di più di quanto la realtà strutturale dell’organico avrebbe dovuto consentire. A fronte, magari, di un calendario più agevole in apertura di torneo e, ora, sicuramente più ruvido. Una squadra, va detto, concepita per ottenere la salvezza e niente di più: quella salvezza che, oggi, la classifica continua a garantire, nonostante tutto. Ma che il passo incerto degli ultimi tempi sta seriamente minacciando.
martedì 10 novembre 2009
Taranto, tre punti di notte
Il Taranto di notte sa anche vincere. Non era mai accaduto. Ma il successo sulla Cavese (cercato, inseguito) è sofferta più di un po’. E neanche ipotizzabile, a prima frazione di gara ormai consumata. Tanto da scoraggiare anche l’ottimismo del presidente D’Addario, che fugge via prima del tempo. Molto prima che Correa trasformi in gol uno degli ultimi assalti alla porta campana. Molto prima che il sudamericano dia forma, senso e sostanza alla sua prestazione insipida. E prima che la Cavese rinunci definitivamente ad accettare un confronto franco, aperto: accontentandosi del minimo (non ancora) garantito. Condizione che spinge la squadra di Brucato a far circolare il pallone di più e meglio. E a impossessarsi di un match nato zoppo. E sì, perché il posticipo del lunedì ripropone da principio l’equivoco tattico dal quale il Taranto, tre mesi dopo l’avvio del torneo, non sa ancora uscire. La presenza di tre mediani (Mezavilla, Quadri e Giorgino) e di un fantasista (Correa) e la contemporanea assenza di un catalizzatore di gioco che sappia dettare i tempi obbliga la difesa jonica a scavalcare con calci lunghi la mediana. Puntualmente. L’insicurezza di molti singoli e la carenza di soluzioni, poi, fanno il resto. Corona, ultimamente criticato, gioca di sponda per chi non c’è. O per chi non si fa trovare. E Russo, il ragazzino emerso nelle ultime settimane, non può accollarsi il peso specifico delle speranze, davanti. Infine, l’assetto difensivo è permeabilissimo, soprattutto a sinistra. L’ultima mezz’ora, però, addolcisce certi giudizi. Anche se non soddisfa troppi quesiti. Ai quali il trainer, blindato dal recente allungamento del contratto, dovrà - prima o dopo – cominciare a rispondere. In attesa della revisione dell’organico, a gennaio. Perché i tre punti di notte non sbarrano la strada ad una rivoluzione di metà stagione che sembra avvicinarsi sempre più.
lunedì 9 novembre 2009
Manfredonia, una risposta a se stesso
Il Manfredonia ritrova Marchano (che ritornerà dall’Argentina domani, sembra certo) e cerca risposte da se stesso. A Monopoli si presenta con intenzioni sane: Arigò pesca il palo cento secondi dopo l’apertura delle ostilità e poi si avvicina sensibilmente al vantaggio. Molto più del Monopoli. E spendendo quel che l’avversario, al momento, non possiede. La partita, quindi, segue il suo corso: la squadra gestita da Bucaro, nel derby, battaglia e corre, contrasta e graffia. Ripartendo agilmente, puntando sulla concretezza e la semplicità. Anzi: la prima frazione di gioco fa preferire il 4-4-1-1 ospite, più tonico e convinto, capace di leggere meglio la partita e di affrontarla con personalità. Ma anche totalmente rivisitato negli uomini: per esigenza e anche per scelta. La prestazione, arricchita da un solo punto (gli altri due scompaiono al fotofinish per una combinazione negativa: l’indecisione di Marruocco e l’esitazione di Bucaro, che non spezza l’iniziativa monopolitana con un avvicendamento già pronto da oltre due minuti) rende comunque giustizia ad un collettivo vispo, vivo. Che interpreta correttamente anche la ripresa, consacrata ad una gestione vigile e al contropiede. Che fornisce a se stesso un’indicazione di prospettiva. E, in fondo, anche la risposta più attesa.
domenica 8 novembre 2009
Gallipoli puntiglioso e vincente. Soffrendo
Giannini rivede l’undici di partenza (De Gennaro e Mounard in panca, per differenti motivazioni) e, contro il Frosinone, disegna un Gallipoli timido per un’ora e dotato di attributi nella parte finale del match. Risultato: molta sofferenza e, alla fine, una vittoria che schiaffeggia la prova consapevole dell’avversario, ma che racconta anche di un collettivo puntiglioso e disposto a giocarsi le chance, sino in fondo. Ginestra e compagni rinunciano troppo presto all’arma dell’aggressività e cedono ai ciociari larghe fette di campo, molti movimenti e troppe ripartenze. La formazione di Moriero è più fluida, più collaudata : tanto da poter addomesticare la gara e crearsi diverse occasioni, sciaguratamente sperperate. Il Gallipoli, invece, entra in partita tardi e incide a ripresa abbondantemente iniziata, dopo aver lasciato campo e iniziativa. La traversa colpita da Ginestra non basta a suffragare la causa salentina, costretta ad aggrapparsi alla pratica assidua dell’offside, per arginare le idee degli ospiti. E diventa fondamentale una mancanza grave di Semenzato, in piena area, per raggiungere un vantaggio (firmato da Scaglia) sostanzialmente inatteso e pure abbastanza ingiusto. Dopo, però, c’è solo il Gallipoli. Anche se il Frosinone pareggia in fretta. C’è il Gallipoli che assorbe la reazione dell’ex capolista, c’è il Gallipoli che lievita, rischiando persino di dilagare. C’è il cuore, ci sono i muscoli ritrovati e una certa freschezza lasciata sin lì chissà dove. C’è una brillantezza impastata di carattere, emersa proprio quando si comincia a ipotizzare un inesorabile processo di involuzione della squadra. Ma, evidentemente, non è mai troppo tardi per arrampicarsi su questa serie B che non chiude la porta. A nessuno.
sabato 7 novembre 2009
Il Barletta galleggia. Senza assilli
La prima parte del campionato del Barletta non solletica le fantasie. Ma neppure sconforta. Del resto, la classifica rassicura sufficientemente: pur non impermeabilizzando la squadra di Sciannimanico, scritturato in estate per trarre da un organico rinnovato entusiasmo e credibilità. Cioè, una salvezza condita di dignità, unico traguardo possibile a rimorchio ad un periodo di travaglio societario (prima del torneo mancava la moneta, non dimentichiamolo), come conferma il punto di penalizzazione imposto dall’indagine della Covisoc e piovuto a torneo già avviato. Punto che, alla distanza, potrebbe pure pesare e che, comunque, per adesso passa inosservato o quasi. Il Barletta, dunque, galleggia. Con prestazioni, magari, discontinue. Con i suoi pregi e con i difetti di costruzione. Il coach, però, è contento del proprio lavoro ed apprezza quello dei suoi uomini. E non fa mistero delle proprie sensazioni, ripetutamente. E pure la gente sembra essere sostanzialmente sintonizzata sulla stessa modulazione di frequenza. Appoggiando il progetto e i protagonisti del campo. Senza accendere fuochi inutili. Caso addirittura singolare, in una piazza tradizionalmente esigente, ancorchè infastidita dagli ultimi anni di calcio cittadino. E, se permettete, questo è un dettaglio da non sottovalutare. E da coltivare. Eventuali tempi bui permetendo.
giovedì 5 novembre 2009
L'armistizio del Brindisi
Dicono che Massimo Silva conservi la fiducia della società. E che i fratelli Barretta, plenipotenziari del Brindisi, abbiano equamente diviso (tra tecnico e giocatori, cioè) le responsabilità dell’impasse. Minacciando lindistintamente a truppa e il suo comandante: ormai divisi da accuse incrociate e neanche tanto velate. Dunque, il tecnico rimane dov’è: per il momento, almeno. Anzi, il vertice del club smentisce che le pratiche di rescissione del contratto con il tecnico pavese siano naufragate in dirittura d’arrivo. Punto e a capo, quindi. Con un coach sfiduciato da una parte dello spogliatoio e con uno spogliatoio spubblicato dal trainer. Con un allenatore deligittimato da una parte dell’organico e con i giocatori delegittimati dall’armistizio. Come a dire: se la base individua la convenienza dell’armonia e ritrova la vittoria, tutto bene. Altrimenti, può partire l’epurazione. E, a pagare, saranno molti. Anche Silva, ovviamente. Che continua a dipendere, sempre di più, dagli atteggiamenti di chi scende in campo. Senza essere proprietario, sino in fondo, del proprio destino.
mercoledì 4 novembre 2009
Il Bari e quelle occasioni sprecate
La sconfitta di Parma e i punti persi sul campo della Sampdoria strattonano i pensieri più nobili del Bari e spiegano che la squadra di Ventura è fondamentalmente immatura per sognare traguardi particolarmente eccitanti. Eppure, di Gillet e soci è lecito continuare a dir bene ed è giusto sottolineare ancora la freschezza di un collettivo nato in estate per sopravvivere ai rigori dell'inverno e, invece, sùbito autorizzato a requisire i riflettori del campionato. Ma, sul Bari, cominciano a pesare tutte quelle occasioni perse per strada. E non solo domenica scorsa (penalty fallito al fotofinish, vantaggio successivamente raggiunto e polverizzato dal discutibile e discusso intervento del direttore di gara). Il trainer, candidamente e legittimamente, si permette poi di tornare ad imprecare su risultati che la logica porterebbe a santificare: come quell’altro pareggio ottenuto sul campo del Milan, per esempio. All’improvviso, cioè, Giampiero Ventura e la sua gente scoprono di doversi dolere, invece di potersi rallegrare. E i conti non tornano. Il Bari si accorge allora che, alla sua classifica, manca qualcosa. E già si preoccupa di poter rimpiangere, domani, quel che ha perso per strada. Così, la soddisfazione si trasforma nell'anticamera dell'insoddisfazione. Ci sembra, però, che di più questa squadra non possa pretendere da se stessa. E che, forse, converrebbe cominciare ad accontentarsi. E godere sino in fondo di questo stato di salute, di queste conquiste. Per non correre il rischio di doversi lamentare, prima o poi, dei piaceri innegabili che il ritorno in serie A ha riservato all'intero ambiente. Il gioco è pericoloso. E l’appetito degli affamati, molto spesso, è parente stretto dell’ingratitudine popolare.
martedì 3 novembre 2009
Noicattaro, il successo non deve fuorviare
La prima vittoria. E l’abbellimento della classifica. Il Noicattaro raggiunge contemporaneamente due obiettivi. E guarda al domani con più fiducia. Che poi è la fiducia dei risultati. Quella che vale tanto quanto la fiducia nelle proprie possibilità (ma qui il discorso cambia: c’è il successo, ma certe ombre persistono). Il suggerimento, allora, è quello di non lasciarsi fuorviare eccessivamente da quello che è lo score finale e di lavorare ancora. Per evitare che, nel futuro prossimo, succeda quello che sarebbe potuto accadere ieri: e che, cioè, un’affermazione limpida possa trasformarsi all’improvviso in un pareggio psicologicamente catastrofico. ll suggerimento, sì, è quello di attenersi alle indicazioni della realtà. Che parla di novanta minuti in cui Zotti (due gol e buone proposte, peraltro enormemente facilitate dalla svogliatezza e dagli imbarazzi dell’intero assetto difensivo dell’Igea Virtus) e soci dispongono della palla e del gioco dal primo al trentesimo minuto della ripresa: secondo più, secondo meno. Ma anche dell’incapacità di gestire il doppio vantaggio su un’avversario scarico, privo di cattiveria agonistica, incerottato e indubbiamente arrendevole. Traducendo, la possibile vittoria larga (il Noicattaro potrebbe portarsi sopra di tre lunghezze: anzi, sarebbe l’ipotesi più semplice, più credibile) rischia di diventare un pareggio inimmaginabile. E, comunque, l’ultima fetta del match diventa un’attesa nervosa del fischio di chiusura. Che segue di pochissimi minuti il sigillo del tre a tre, invalidato dal direttore di gara tra le proteste siciliane. Ecco, è la gestione delle ultime battute il nemico più perfido del Noicattaro: particolare emerso già di fronte al Siracusa e in altre occasioni. Un nemico che nasce, evidentemente, dalle paure congenite e dalle insicurezze. Che, ovviamente, generano amnesie e disagi. Intanto, attendiamo di sapere quanto vale il risultato di domenica: perché non possiamo disconoscere che il Noicattaro sembra dilagare quando la resistenza dell’Igea si sfarina totalmente per limiti propri. E perché non è logico fidarsi delle apparenze dettate da un risultato felice, ancorchè insindacabile. Chi ha visto la partita, concorderà.
lunedì 2 novembre 2009
Il Lecce conquista la vetta. E si adatta
Il Lecce non si ferma. Piuttosto, insiste. E raggiunge la vetta della B: per innegabili meriti propri (piega l’Empoli con praticità ed efficacia, come spiega a fine match coach De Canio, e con quell’autorevolezza che lascia confidare in una gestione oculata del prosieguo della stagione) e per evidenti limiti altrui (non c’è, nel campionato, un leader consacrato: frena il Frosinone, cade nuovamente il Torino, il Cesena e l’Ancona si accontantano del pari). Adesso, il Lecce è un gruppo solido: che non propone calcio esuberante, ma che sa farsi bastare il progetto lungamente inseguito e un organico dotato, per la categoria. Malgrado i dubbi del passato recente: dettati dalla frustrazione popolare, più che da una disamina serena. Ed è una squadra che, adesso, risponde alle sollecitazioni del suo caudillo: bravo, probabilmente, a recuperare in tempo il controllo degli uomini e della situazione. Cioè ad arrestare il processo involutivo di qualche tempo addietro. Ma anche adeguatamente scortato dalla fiducia di una società che l’ha blindato e, nel tempo, rafforzato: alimentandone i poteri, concretamente. E non solo teoricamente. Il Lecce, ora, è un blocco che sfrutta il lavoro speso sin dall’estate. E che non si è lasciato travolgere dalla fretta cieca: dettaglio che di sa di anormalità, nel calcio esigente dei giorni nostri. Adesso lo sa anche la gente, riavvicinatasi alla squadra. E tornata ad applaudire, a tifare. Doopo aver abbandonato affettivamente i protagonisti in difficoltà. Opportunisticamente, va detto. La retromarcia del tifo, certo, è una buona notizia. E la storia, in Salento, si ripete ciclicamente. Ma forse andrebbe sottolineato che, così, non vale. La società, invece, glissa e ringrazia. Meglio un rapporto risanato (sino a quando?) che un supplemento di frizioni. E, in fondo, adattarsi a questa quotidianità che inverte i concetti conviene di più.
domenica 1 novembre 2009
Brindisi, Silva rischia
Il Brindisi sciatto e scialbo del Flaminio, tana della Cisco Roma, è una squadra senza coordinate e senza una progettualità, dunque senza futuro. E non è più il Brindisi sprecone, ma sostanzialmente accettabilissimo, dei primi impegni stagionali. Il lento ed inesorabile depauperamento delle risorse mentali e della quadratura tattica, davvero evidenti dalla metà di ottobre sin qui, (e soprattutto nell'anticipo di ieri) deteriorano le ambizioni del club e della tifoseria, aggredendo la classifica e confermando qualche dubbio emerso – fuori dal coro – agli albori del campionato. Al Brindisi mancava qualcosa, per poter competere per la prima piazza: non ci eravamo confusi. E, probabilmente, manca qualcosa anche per poter competere per i playoff. Non la qualità di qualche singolo, forse. Ma, almeno oggi, la predisposizione a seguire Massimo Silva, nocchiero in difficoltà che sembra aver perso il controllo della situazione. E che, per questo motivo, pagherà con l’esonero, ormai prossimo. Come la stampa brindisina, tradizionalmente vicina ale posizioni societarie, ha praticamente anticipato. Scaricandolo, di fatto.
sabato 31 ottobre 2009
L'Andria è rinsavita con Papagni
L’Andria, all’improvviso, è rinsavita. L’ultima esperienza di campionato conferma i progressi recenti. E il pari di Lanciano (due gol di svantaggio recuperati) pesa molto. Soprattutto perché la prestazione di carattere si accoda alla brillante affermazione ottenuta sette giorni prima sull’allora capolista Portogruaro. L’acclimatazione al campionato può dirsi completato: sette punti in tre partite, le ultime, sono un dato affidabile. Ma i segnali inequivocabili di lievitazione coincidono con l’arrivo sulla panca di Aldo Papagni, uomo quieto e tecnico guidato dal buon senso e dalla capacità di relazionarsi e interagire dialetticamente con la propria truppa e con l’ambiente che lo circonda. La bontà del suo operato è evidente. E oltrevalica i confini tattici. Il fatto, poi, non è assolurtamente casuale. Papagni riesce – puntualmente – a imporsi in piazze solitamente agitate: come quella di Andria (qui sta consumando la sua seconda felice gestione) o, per esempio, come quella di Taranto. L’applauso gli va riconosciuto sin d’ora: a prescindere dai risultati che saprà raccogliere a fine stagione.
venerdì 30 ottobre 2009
E ora il Fasano è solo
Il Fasano, ora, è proprio solo. Solo in coda alla classifica: perché il peso specifico del Pianura (che s’impone al Curlo nel match infrasettimanale) è inconfutabilmente più elevato, malgrado le difficoltà passate e presenti che la squadra partenopea ha incontrato e incontra tuttora. Ed è solo con i suoi pensieri, abbandonato anche dalla gente che tifa. E che contesta sonoramente. Tanto da consigliare un summit tra la frangia più accesa della tifoseria, la squadra e i vertici del club. Il più avversato, peraltro, è direttore generale Vinci. Il più avversato e anche il più rammaricato. Nonostante sia stato sempre chiaro. E malgrado abbia riportato con trasparenza, più volte, il problema di fondo, che è squisitamente economico. «E allora non capisco queste contestazioni, quando tutti conoscono da tempo la situazione del calcio fasanese», dice. Sottoscriviamo. Il Fasano è solo, ma un dettaglio non va trascurato: la società non ha mai bluffato. Siamo tutti testimoni.
giovedì 29 ottobre 2009
Il Francavilla vince. Ed è più di qualcosa
Il Francavilla vince. Ed è più di qualcosa. Vince digrignando i denti, strappando l’uno a zero dalle avversità di percorso (il Bitonto fallisce un penalty, Petrachi lascia la squadra in dieci per mezz’ora, recupero compreso), monetizzando il vantaggio che piove agli albori della partita (infrasettimanale). Decide un destro di Ferrari, mediano di corsa e sacrificio. In collaborazione con un avversario, la formazione di Pizzulli, caratterialmente un po’ dimesso, dalla reazione lenta. Non proprio il Bitonto, cioè, che ci saremmo aspettati. La prima volta del Francavilla, però, è una camminata di salute all’interno di un campionato nato male, che però il club sta cercando (e cercherà) di aggiustare, ricorrendo alle fantasie di un mercato sempre in movimento. Il presidente Distante, come previsto, sta mutando il profilo di un collettivo sin qui non eccessivamente carrozzato per il torneo di quinta serie. Mentre coach De Rosa, per il momento, si affida ad un approccio del match più consapevole, più aggressivo. E i risultati sono sùbito tangibili: la classifica si alimenta e certe ombre pericolose (in tribuna, ieri, c’era Nicola Di Leo) si allontanano. Sì, il Francavilla vince. Ed è più di qualcosa.
martedì 27 ottobre 2009
L'involuzione del Monopoli
Il possesso di palla è una priorità del Monopoli. Ma la supremazia territoriale, talvolta, non paga: soprattutto se la manovra si arruffa. Anche perché il dispositivo del Siracusa si compatta sempre più, muovendosi in direzione univoca e riducendo gli spazi. L’avversario, anzi, si fa progressivamente sempre più attento anche nella gestione del pallone e, in mediana, Berti e soci cominciano ad arrivare primi nei contrasti. Cioè: i siciliani guadagnano campo e la formazione di Pellegrini, progressivamente, si sfilaccia, perdendo lucidità e smarrendosi. Il rovescio di domenica si spiega anche così. Certificando un’involuzione della squadra sotto il profilo dell’interpretazione del match. Involuzione che azzera persino l’approccio discreto alla gara. La sconfitta, peraltro, attira le prime contestazioni: eccessive, forse. Ma che rientrano nella logica del pallone. Il Monopoli, abbiamo detto e scritto più volte, è però un gruppo solido. Un gruppo vero. E la robustezza di un collettivo emerge quando serve. Il momento delicato è arrivato. E va affrontato, sùbito. La prova di maturità comincia adesso. E, se le prime sensazioni del campionato non ci ingannano, continuare a puntare su questo gruppo non è un azzardo.
lunedì 26 ottobre 2009
Bari, la squadra del momento
Adesso, l’euforia è un pallone che rotola al San Nicola. Che trafigge due volte la Lazio e che, teoricamente, apre orizzanti nuovi. La sorpresa più coinvolgente di questa prima fetta di stagione si chiama Bari. Quel Bari immediatamente dietro le prime forze del torneo, trascinato dalla sua stessa impermeabilità (la formazione di Ventura, oggi, è la meno battuta del campionato) e dalla frizzante spensieratezza dei suoi protagonisti. Il Bari, sì, è la squadra del giorno. Ma non potrà godersi il momento troppo a lungo: mercoledì si torna a giocare. E i prossimi due impegni sono assolutamente niente male: prima, Gillet e soci incroceranno i tacchetti con il rampante Parma e, sùbito dopo, con la Samp di Cassano. Impegni dispendiosi e pericolosi. Ma, forse, persino opportuni, utili: a non fantasticare troppo, a riconcentrarsi velocemente sul cammino che dovrà condurre alla permanenza, che resta l’obiettivo più credibile. Il Parma e la Samp, in appena quattro giorni: eppure, meglio consumare il doppio test ora, sicuramente. Anche per capire qual è l’intensità e qual è la scorza di questo Bari. Che, dicevamo, non potrà godersi il momento sino in fondo. Che si vede privato di qualche giorno di (legittima) euforia. E il dettaglio, contrariamente alle apparenze, non è proprio una controindicazione.
Il derby della storia castiga il Gallipoli
La storia del derby sgualcisce l’incanto del primo derby della storia. Il Gallipoli affonda a Lecce (lo zero a tre è passivo che infastidisce e che rischia di generare ripercussioni antipatiche) e patron D’Odorico minaccia provvedimenti. Contro la squadra, precisa. E non contro Giannini, il suo condottiero: criticato – più o meno unanimemente – per l’eccessiva disinvoltura tattica con cui ha affrontato l’impegno, ma non per questo delegittimato nel ruolo di punto di riferimento della programmazione triennale. Contro una squadra arrivata alla sfida troppo scarica. O troppo carica: tanto da afflosciarsi, estraniarsi, scomparire. E soccombere prima del tempo, di fronte ad un avversario che, lentamente, guadagna sempre più sicurezza. La storia del derby avvilisce l’euforia dell’evento. E il Gallipoli comincia a conoscere le insidie di una classifica corrosa dalle ultime prestazioni. Alla quale neppure il punto recentemente restituito dalla giustizia sportiva riesce a offrire troppo colore. Tutto si complica, esatto. Ma ci incuriosisce sapere come saprà vivere l’emergenza un ambiente abituato, sin qui, soltanto a vincere. E come saprà gestire il momento delicato un presidente esplosivo, che però continua a credere nella bontà del progetto. Molto futuro passerà da questi punti nodali. Al resto, invece, dovrà pensarci Giannini. Con l’umiltà che rende più forti. E che, spesso, aiuta a ritrovare la funzionalità perduta.
mercoledì 21 ottobre 2009
Lima, un salto indigeribile
Dall’erba alla terra battuta. Dagli stadi di pregio ai campi di provincia. Dai riflettori alla periferia. Il dislivello è accentuato. E il salto è misterioso. Anche per Lima. Non il primo e neanche l’ultimo a tentare il proseguimento di una carriera che si sta fisiologicamente consumando: assaggiando il campionato regionale di Promozione, a Racale. In una squadra oggettivamente nata per vincere e per dettare le proiprie regole ad un campionato che, tuttavia, possiede per intero i requisiti di una competizione dilettantistica. Il brasiliano, in estate, in coda alle esperienze sudamericane, turche e italiane (Roma, Bologna, Lecce e, infine, Taranto, appena l’anno scorso) decide di abbandonare il professionismo ufficiale per entrare dalla porta del dilettantismo di facciata. O del professionismo occulto. Tutto normale: almeno per due mesi. Il tempo di ambientarsi ( o non ambientarsi), di assicurare il proprio contributo in un collettivo che, superato l’approccio alla realtà, comincia a carburare e di confrontarsi con la natura sconosciuta della settima serie nazionale. Poi, il divorzio consensuale dalla società salentina: storia di questi ultimi giorni. All’improvviso, malgrado le buone parole utilizzate dagli addetti ai lavori per ufficializzare la riuscita dell’operazione. Il comunicato ufficiale non entra nei dettagli, né nell’universo delle cause. Resta, però, qualcosa di incompiuto. E l’impressione che il salto all’indietro, talvolta, è indigeribile. Como certi campi in terra battuta, o la mentalità di un mondo così diverso.
lunedì 19 ottobre 2009
Il campionato aspetta il Lecce
La solita serie B: quanto tutto sembra complicarsi, bastano un paio di risultati in fila per tornare a sorridere. E allora, malgrado tutto, il Lecce è solo due punti sotto la soglia dell’attuale quota playoff. Con una partita da recuperare. E con la prospettiva di un’altra gara da disputare in casa, sabato prossimo. Anche se il calendario assegna alla formazione di De Canio la trasferta di Gallipoli. Ma venerdì, nell’anticipo, la vittoria conseguita di fronte alla Salernitana non sembra aver troppo convinto gli esteti, né chi ipotizzava la quadratura definitiva della manovra. O meglio: il Lecce ha navigato nel mare della propria superiorità, senza tuttavia installarsi nel cuore della partita, senza arrivare sino in fondo. Intuendo, però, il valore dei tre punti e lasciandosi giustamente sedurre dalla convenienza di un risultato ottenuto senza molto penare e, dunque, placandosi prima del tempo. E scongiurando, così, qualsiasi eventuale contrattempo. Il successo e, soprattutto, la posizione all’interno della classifica vanno dunque verificati. Quanto prima. L’analisi più efficace, intanto, risiede in una frase di Gigi De Canio. La squadra, cioè, deve abituarsi a vincere. Ovvero, maturare. Diventare adulta. Condizione essenziale per garantirsi la fiducia e per convincere il suo stesso nocchiero. Il quale, a lavori in corso, continua a non sbilanciarsi più di tanto: segno evidente che questa squadra prosegue il suo processo evolutivo. L’attesa, dunque, non è finita. Ma, fortunatamente, quello di B è un campionato che non si affretta a conoscere la verità.
domenica 18 ottobre 2009
Fasano, tra disciplina ed esigenza
Tutto comincia (o finisce) un giovedi come tanti, in un test come tanti. Un intervento rude, poi parole infuocate, quindi la rissa. Gli animi del Fasano e dell’Alberobellonoci, due mondi diversi e espressioni di campionati differenti, si scaldano e il match finisce lì. E qualcuno deve anche riparare nel pronto soccorso del nosocomio di Putignano. Il giorno dopo, infine, piove nelle redazioni un asciutto comunicato ufficiale: Capocchiano ed Evacuo vanno considerati, da ora in poi, due giocatori tagliati. La società del Fasano, cioè, punisce i suoi colpevoli: duramente. Privandosi , così, di due pedine di un certo (ipotetico) spessore, all’interno di un elenco di disponibili certamente non esuberante, numericamente parlando. E, comunque, di due attaccanti. Contemporaneamente. Artiglieri titolari di una squadra che rincorre il gol senza troppe fortune, ultimamente. La disciplina è la disciplina: e, certe volte, non serve discutere. Ma, onestamente, sorge il sospetto che i tagli siano stati pilotati più dal rendimento sul campo, che dal profilo comportamentale di Evacuo e Capocchiano. E che la rissa del giovedì costituisca il pretesto di una decisione maturata nel tempo. O, comunque, utile per sgravarsi da certi costi di gestione. E per giustificare un’esigenza consolidatasi nei primi due mesi di campionato. Non si spiegherebbe, altrimenti, il peso specifico di una risoluzione che, teoricamente, abbassa il quoziente di pericolosità e anche quello tecnico di un organico che, anzi, continua a reclamare puntelli. Vero: la disciplina è sempre la disciplina. Ma, di questi tempi, nessuno è disposto a cedere niente. Neppure di fronte all’etica. Soprattutto se c’è un pallone che rotola sul prato. Il club, però, ne esce benissimo. Elegantemente. Esercitando una propria facoltà. E sia. Ma, forse, un giovedì come tanti sembra arrivato giusto in tempo.
giovedì 15 ottobre 2009
Manfredonia, ritardo fisiologico. O quasi
Il ritardo è fisiologico. Lo fa sapere il gruppo di comando del Manfredonia, in una nota scritta, all’indomani dell’astensione dagli allenamenti decisa – per un solo giorno, dimostrativo – dalla squadra. Sciopero leggero, quasi indolore: per sensibilizzare opinione pubblica e società. Per ricordare che gli stipendi non sono stati ancora irrogati. Una storia di indubbia routine, sui campi della C. Seguita da una risposta di altrettanta indubbia routine. Che non si allontana, peraltro, dalla verità più vera di una realtà, quella del calcio meno pregiato, sempre più vicina alla crisi cronica. I pagamenti, fa sapere il club, avverrano quanto prima. E il ritardo, appunto, è fisiologico. Intanto, il Manfredonia continua a galleggiare nel suo secondo campionato consecutivo di C2. A galleggiare con alterne soddisfazioni (domenica, al Miramare, è piovuta la sconfitta, di fronte al Melfi: e, forse, non è sufficiente reclamare sulle inesattezze del direttore di gara). E il rendimento dell’organico costruito in estate continua a sembrare al di sotto delle attese. Adesso, qualcuno potrà persino accostare la classifica modesta e lo sciopero, trovando una connessione tra le due situazioni. Ipotesi che qualsiasi allenatore e qualsiasi giocatore scarterebbe, in sede di commento. Lasciando i dubbi. E due ritardi. Quello dei pagamenti, evidentemente fisiologico. E quello in classifica, un po’ meno fisiologico.
mercoledì 14 ottobre 2009
Casarano, frattura profonda
Il Casarano pareggia a Grottaglie e l’animo della squadra un po’ si acquieta. Non che il punto, da solo, serva troppo a imbastire l’inseguimento alle prime della classe: perché, di fatto, l’obiettivo di partenza non è cambiato. O, almeno, se è cambiato, nessuno lo ha comunicato. Però, certe volte, anche un punto è utile a ricostruire il morale. Soprattutto in una piazza come quella salentina, dove il primo nemico è il profilo psicologico. Lo score del D’Amuri, tuttavia, sembra non acquietare eccessivamente la tifoseria. Che ha già contestato Bianchetti (dedicandogli uno striscione, proprio domenica, e invitandolo a tornare in Sicilia) e che, fa sapere, continuerà a farlo. Come a dire: la frattura è già profonda. E non sappiamo quanto produttiva. Se Bianchetti non deciderà di andarsene di propria iniziativa, dunque, il conflitto rischia di inasprirsi. O di costringere la famiglia De Masi a impugnare la decisione dll’esonero. Sempre che la proprietà del club non applichi i criteri della diplomazia, intervenendo e ricucendo il rapporto tra le parti. In realtà, pare di capire che il prossimo match, quello che il Casarano disputerà al Capozza di fronte all'attrezzatissimo e ambizioso Neapolis, sarà nuovamente decisivo. Per Bianchetti, almeno. E il punto raccolto a Grottaglie finisce per diventare sufficientemente anonimo. Insipido: come quasi tutti i pareggi. E pericoloso: forse anche perché la situazione comincia a sfuggire ai controllori.
martedì 13 ottobre 2009
L'eccesso di zelo e il protagonismo gratuito
Eccesso di zelo. Oppure protagonismo gratuito. La performance di Francesco Di Stefano, direttore di gara appartenente alla sezione di Brindisi, fa sorridere. O, meglio, infastidisce. Ad Avellino sale il Castrovillari (il campionato è quello di serie D) e il gioco, ad un certo punto, si interrompe. Perché, appena al di là del perimetro di gioco, staziona il vice questore del capoluogo irpino. Invitato ad allontanarsi e, successivamente, dopo aver presentato tesserino e credenziali, ad indossare la pettorina colorata. La storia buffa viene risolta, sembra, con l’intervento ruvido del commissario arbitrale, a fine match. E con forti parole di censura nei confronti di Di Stefano. Ma allarga pure la distanza tra il comportamento di molti arbitri e la realtà: proprio mentre il calcio violento, ad esempio, continua ad essere difficilmente sanzionato. Delegittimando l’ipotesi dell’eccesso di zelo. E fortificando, invece, quella del protagonismo. Gratuito, appunto.
lunedì 12 ottobre 2009
La rincorsa vana del Monopoli
Arriva la prima caduta del Monopoli sul campo di casa. Che è responso, obiettivamente, da ricusare, perché bugiardo: la gente di Pellegrini si inventa un secondo tempo prolifico e fallisce il pareggio almeno cinque volte, costringendo l’Aversa alle operazioni di puro presidio, appena impreziosite da un paio di ripartenze (oggettivamente pericolose, è bene sottolinearlo) e sommando calci d’angolo e recriminazioni. La realizzazione, peraltro, giunge quando il match è inequivocabilmente tra i piedi di Cortesi e soci, ma il sigillo di Balistreri è invalidato dall’intervento del direttore di gara. Depauperando il gran lavoro speso sin lì da un collettivo che – va detto - si fa troppo spesso tagliare in fase di non possesso, aprendosi all’avversario (il gol normanno nasce con queste premesse e i rischi si presentano anche dopo, con le stesse modalità) e ritrovandosi a inseguire, un’altra volta. Proprio questo dato si ripresenta puntuale e comincia a preoccupare: il Monopoli coltiva l’abitudine dannosa di cedere per poi riorganizzarsi e ringhiare. Ma non è sempre è possibile rimediare. Come ieri. La coincidenza, allora, non è più coincidenza. Ma sta diventando una regola. Meritevole di riflessione. Tecnico e squadra sanno dove dover lavorare.
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