lunedì 2 novembre 2009

Il Lecce conquista la vetta. E si adatta

Il Lecce non si ferma. Piuttosto, insiste. E raggiunge la vetta della B: per innegabili meriti propri (piega l’Empoli con praticità ed efficacia, come spiega a fine match coach De Canio, e con quell’autorevolezza che lascia confidare in una gestione oculata del prosieguo della stagione) e per evidenti limiti altrui (non c’è, nel campionato, un leader consacrato: frena il Frosinone, cade nuovamente il Torino, il Cesena e l’Ancona si accontantano del pari). Adesso, il Lecce è un gruppo solido: che non propone calcio esuberante, ma che sa farsi bastare il progetto lungamente inseguito e un organico dotato, per la categoria. Malgrado i dubbi del passato recente: dettati dalla frustrazione popolare, più che da una disamina serena. Ed è una squadra che, adesso, risponde alle sollecitazioni del suo caudillo: bravo, probabilmente, a recuperare in tempo il controllo degli uomini e della situazione. Cioè ad arrestare il processo involutivo di qualche tempo addietro. Ma anche adeguatamente scortato dalla fiducia di una società che l’ha blindato e, nel tempo, rafforzato: alimentandone i poteri, concretamente. E non solo teoricamente. Il Lecce, ora, è un blocco che sfrutta il lavoro speso sin dall’estate. E che non si è lasciato travolgere dalla fretta cieca: dettaglio che di sa di anormalità, nel calcio esigente dei giorni nostri. Adesso lo sa anche la gente, riavvicinatasi alla squadra. E tornata ad applaudire, a tifare. Doopo aver abbandonato affettivamente i protagonisti in difficoltà. Opportunisticamente, va detto. La retromarcia del tifo, certo, è una buona notizia. E la storia, in Salento, si ripete ciclicamente. Ma forse andrebbe sottolineato che, così, non vale. La società, invece, glissa e ringrazia. Meglio un rapporto risanato (sino a quando?) che un supplemento di frizioni. E, in fondo, adattarsi a questa quotidianità che inverte i concetti conviene di più.