martedì 19 maggio 2009

Stazione di Bologna, si scende

E, adesso, è proprio finita. L’ottimismo estremo del Lecce si disintrega a Bologna, in uno scontro diretto perso sui titoli di coda, senza neppure concedersi alla disperazione. Pareggio (ormai confezionato) oppure sconfitta (sferzante, ma non decisiva), cambia poco. Serviva vincere e serviva anche la vittoria del Napoli, sul Torino. Non arriva il primo risultato, manca anche il secondo: dunque, la retrocessione – anche se non ancora aritmetica – è già scritta. Sul libro nero delle occasioni perdute. E anche di quelle sottratte da molti episodi equivoci. Dove si incrociano deficienze proprie ed errori altrui. L’ultimo proprio ieri. Il momentaneo pareggio felsineo brilla oltre la linea dell’offside, ma il direttore di gara non se ne avvede. E non se ne avvede neanche il Lecce, che non reclama, non protesta. O, almeno, il clan salentino finge di non accorgersene. Per non cadere nella frustrazione, oppure per abitudine. O, ancora, per non prendere atto che certe puntualizzazioni, alla vigilia, si dimostrano inutili. Inutili come la rabbia emersa tante volte e quella crociata contro i poteri forti vanificata dall’indifferenza del sistema. Che non fa audience e, perciò, neppure notizia. Così come non fa notizia la retrocessione stessa di Tiribocchi e compagni: nell’ordine delle cose, nella casistica più ampia di un torneo come quello di A. Complicato anche da molte sitazioni oscure. Che non allevieranno il dolore, né saneranno le colpe della squadra. Ma che, alla fine, fanno sempre classifica. Anche se è difficile spiegarlo alla gente. E, in fondo, anche a se stessi.