venerdì 1 maggio 2009

Il Lecce, il coraggio e l'incoscienza

La farsa è finita. Juve-Lecce, dopodomani, si giocherà con il contorno di pubblico. Perché il potere contrattuale dei più nobili è sempre un concetto saldo. O perché è sempre più difficile lasciar coincidere il calcio e la coerenza. Poco male, tuttavia: il problema, per la gente di De Canio, non è sugli spalti altrui, ma sul campo. Sì, l’ultimo successo, appena domenica scorsa, somministra ossigeno. Ancora insufficiente a respirare, peraltro. Ma continuare a sperare (e a lottare) si deve: altrimenti, è meglio smobilitare, da sùbito. Che dire: il pronostico, questa volta più di altre, è irrimediabilmente chiuso: il divario di qualità è chiaro, evidente. A Torino, il Lecce potrà aggrapparsi all’orgoglio. Al bisogno. E al cattivo momento dell’avversario, che si sta immalinconendo. E, probabilmente, a nient’altro. Eppure, è già qualcosa. La squadra, allora, faccia buon uso delle sue ultime possibilità. E provi a graffiare. Difendersi e basta, del resto, non servirebbe. Oltre tutto, il due a uno imposto al Catania, più che la classifica, dovrebbe aver alimentato l’autostima del collettivo. Da tempo, è vero, attendiamo un atto di coraggio del Lecce. Ma questo è il momento migliore per aspettarselo. Un atto di coraggio, esatto. O di incoscienza. Che plachi un poco l’agonia. E i malanimi: con il mondo arbitrale e con il mondo intero. Anche se ci rendiamo perfettamente conto che questa trasferta è la meno indicata per riappacificarsi con il microcosmo dei direttori di gara. Il potere contrattuale, dicevamo, è un concetto sempre saldo. Non resta, duqnue, che affidarsi al coraggio e all’incoscienza. Il tempo, purtroppo, scivola. E non torna più.