sabato 10 maggio 2008

Il bivio del Manfredonia

«Ho bisogno di stare tranquillo per un po’ di giorni, prima di prendere le opportune decisioni in merito al mio futuro e a quello della società». Parole di Angelo Riccardi, presidente deluso del Manfredonia affogato in C2. «Ma, al di là di quello che decideranno i soci, non è detto che io possa continuare a fare il presidente. Non ho altro da aggiungere, siamo retrocessi e basta». I primi concetti dopo l’inutile vittoria conquistata sul Verona, nell’ultima fatica di campionato, fotografano l’umore e i sentimenti anneriti del massimo responsabile del club sipontino: i cui rapporti con il calcio, peraltro, apparivano già da tempo raffreddati. Difficile, del resto, attendersi reazioni diverse. O, soltanto, più leggere. Il progetto (già avviato e sposato) del contenimento dei costi e il perseguimento di una politica giovane – quella che può garantire un futuro, alla distanza, e che tuttavia necessita di tempi ragionevolmente dilatati – meriterebbero però maggior convinzione proprio da chi li ha disegnati. O, se non altro, sottoscritti. Una convinzione incondizionata. Cioè, la continuità: che non può frenare davanti ad una permanenza fallita. Al di là della realtà scabrosa, corrotta da una retrocessione cocente: che la società, ad inizio della stagione, avrà inserito (o avrebbe dovuto inserire) nel ventaglio delle alternative possibili. Altrimenti, non ci spiegheremmo neppure l’inaugurazione del progetto stesso: avviato per lenire le sofferenze economiche del presente, ma non supportato dala prospettiva di edificare fondamenta solide per il futuro. Così, la retrocessione avrebbe pianificato soltanto la fine di un ciclo. E, probabilmente, anche l’estinzione del calcio professionistico su questa fetta di Adriatico.