martedì 27 maggio 2008

Lacrime e rimpianti

Il progetto si accartoccia proprio quando sembra rafforzare le propria fondamenta. Il Foggia, a Cremona, è in vantaggio. Nel risultato (zero a uno) e nell’espressione numerica delle forze dispiegate sul campo (Bianchi, portiere errante dei lombardi, ha catturato un cartellino rosso al minuto trentuno). E l’auspicabile successo significa passaporto sicuro per la gara decisiva dei playoff. Ma la Cremonese è solidità, reazione, qualità diffusa. Ed è perizia balistica dei suoi artiglieri. Uno di questi, Temelin, firma il pareggio che annulla il sigillo iniziale di Del Core. E, dentro l’azione che lo genera, c’è probabilmente anche un vizio di forma. Finisce così: con la divisione equa delle marcature e con l’intera fetta di amarezza da trasportare sino in Puglia. Non è sufficiente l’interpretazione corretta della gara. Non basta passare per primo, a primo tempo morente. Il Foggia difetta in zona di ricezione e non difende la dote. Forse, la sicurezza è cattiva consigliera. Forse, la tensione agonistica cala nel momento meno indicato. Forse, la gente di Galderisi non possiede l’istinto di terminare un avversario in difficoltà oggettiva. Sicuramente, dopo, si fa tutto tremendamente più complicato. Sicuramente, dopo, le lacrime del coach realizzano con compiutezza l’occasione persa. Certificando anche il dispendio psichico, oltre che fisico, di tutto un gruppo costretto a correre disperatamente per recuperare il tempo sprecato prima e per fronteggiare gli assalti del Padova poi. La corsa, del resto, comporta un prezzo da pagare, sempre. E il Foggia paga il suo tributo, puntualmente. E lo paga alla fine, com’è ovvio che sia. Resta, però, un dubbio. Un dubbio che, se non rallegra, un po’ solleva. La Cremonese in finale non è e non può essere la bestemmia del duemilaotto: un campionato vissuto sempre al vertice della graduatoria significherà pure qualcosa. Il problema, magari, è spiegarlo alla società del Foggia, alla tifoseria, alla squadra e al suo tecnico. Intanto, quelle lacrime restano. E fotografano una stagione di sudore e di rimpianti.