giovedì 8 maggio 2008

La disillusione e l'ansia di ripartire

Il Brindisi si riconosce sùbito. Perché disfa puntualmente quel che costruisce. Dimenticando all'improvviso quanto sembra aver lentamente capito. E il suo campionato, domenica passata, si esaurisce sul solco di un cliché già visto (e sofferto) troppe volte. La squadra si accartoccia sotto la pressione discreta del Pomigliano, rinunciando ad una vittoria larga, consentendo il recupero anormale dell’avversario, mortificando (un'altra voilta) la propria gente sugli spalti. Quattro a quattro e contestazioni sonore: il tempo delle illusioni, già corrotto dall’assenza di continuità e dalla realtà (i playoff, va detto, non sarebbero arrivati neppure con il successo), si liquefa nel malumore. E nei quesiti: che scorrono già come un fiume. Senza riscontri (i costi di gestione si sono susseguiti; i risultati mai) e senza sostegno (il club non dispone di sovvenzionamenti esterni e non si appoggia ad uno sponsor), i fratelli Barretta confermano quel che sapevamo già. A queste condizioni, fanno sapere, meglio fuggire dal calcio brindisino. Lo stato di crisi è formalmente riaperto. O, se preferite, confermato: perché il vertice societario, già nel corso dell’inverno, si era presentato dimissionario. Per poi continuare il progetto. Anzi, rilanciarlo. La città, però, non poteva (e non può) permettersi di perdere chi possiede ancora il coraggio di fare calcio sull’Adriatico. Perché difettava (così come continua a difettare) il ricambio. L’opinione pubblica lo sapeva. E lo sa ancora. E lo sanno anche i Barretta. Che, peraltro, a metà del percorso sono rimasti a remare nel mare delle difficoltà. Detto tra noi, siamo convinti che i massimi responsabili del Brindisi siano ancora sufficientemente appassionati per rinnovare - sin da oggi - il proprio impegno anche nel prossimo futuro. E che le minacce, alla fine, resteranno quel che sono: minacce, appunto. Finalizzate, ipotizziamo, ad attirare e coinvolgere la collettività attorno al progetto. Cioè, a fortificare una programmazione più razionale e gratificante. Lo stato di agitazione della presidenza, dunque, era abbondantemente previsto. Non è previsto, piuttosto, che qualcuno risponda. E, allora, resta l’augurio che qualcuno lo faccia. Sfidando un ambiente fortemente demoralizzato. E tradito sino in fondo da una squadra inadatta a decollare. Inadatta caratterialmente, forse. Perché il materiale tecnico, riveduto e corretto a gennaio, c’era e c’è ancora. Da questo punto di vista, anzi, il diesse Pietroforte spende un paio di concetti sensati: da questa squadra, in pratica, si può ripartire. E la stagione appena consumata non va completamente cancellata. Purchè, in città, si cominci a respirare aria nuova: esigenza che, del resto, riemerge con frequenza. Una volta ogni due anni, più o meno. Ma i Barretta sapranno apprezzare il gesto. In fondo, sono ansiosi di ripartire.