mercoledì 8 aprile 2009

Chi attende è perduto

Bastano novanta minuti di militanza fiera e ordinata? E bastano l’atteggiamento tattico senza remore e senza timori, l’osservanza degli elementari codici di prudenza e la chiusura puntuale delle vie di scorrimento del Milan? Evidentemenete no, se il risultato è più infamante di quanto possa aver raccontato la realtà del campo (due a zero) e se il supplemento dei minuti di recupero sono la tana della disperazione e, al contempo, l’ultima possibilità concessa ad un avversario magari un po’ usurato, ma dodato di esperienza e qualità. Il Lecce disegnato da De Canio, a San Siro, regge per una partita intera, o quasi. E merita un applauso, comunque. O, almeno, la citazione. Che, in classifica, non servono. Ma che, probabilmente, sono utili per riprodurre morale. Forse quel carburante che, in questo momento, sembra difettare: come e più di altri. Un passo avanti, sotto il profilo squisitamente calcistico, può confortare: prendiamolo come un augurio, come una promessa, come una premessa, come una speranza. Ma il tempo fugge e non è sufficiente arrampicarsi sulle disgrazie del Bologna e del Torino. Il Chievo insegna: è necessario aggredire. E migliorarsi progressivamente. Questo campionato non premia chi attende. Questo campionato non incoraggia chi osserva.