sabato 25 aprile 2009

Taranto, da Lanciano nesssuna attenuante

Il Taranto di Foggia (sconfitta netta, appena domenica scorsa) rivendicò il diritto negato di giocarsi la partità con le stesse armi dell’avversario, cioè l’equilibrio numerico. L’espulsione affrettata di Prosperi inquietò l’ambiente e, contemporaneamente, acquietò le coscienze. Lavando qualche storica colpa e incoraggiando la ricerca di quella lievitazione del gruppo che avrebbe dovuto fiorire a Lanciano, tre giorni dopo, nel match di recupero. Dall’Abruzzo, invece, il Taranto torna ugualmente sconfitto (stesso risultato: zero a due) e tramortito. Vuoto, inconsistente. Derelitto e sbeffeggiato: dalla sua stessa gente, stanca di soffrire. E appropriatasi del pieno diritto di contestare pesantemente, alla ripresa degli allenamenti. Come nei tempi peggiori. Il Taranto, a quattro puntate dal termine della stagione regolare (ma non delle fatiche: perché i playout sono, oggettivamente, un pericolo troppo tangibile) non è ancora una squadra. E, ovviamente, a questo punto non lo diventerà mai. Perché la modifica del modulo o dei suoi esecutori (dentro Paolucci, fuori qualcun altro; Lolli laterale oppure no; Dionigi o chi per lui al centro del pacchetto avanzato) non rafforza il collettivo, ma spegne unicamente l’urgenza di tentare strade diverse. Prolungando le attese, garantendo la sopravvivenza affannosa. A Lanciano, come altrove, non emergono responsabilità arbitrali. Emerge (riemerge) l’inconsistenza del progetto, cioè dell’organico. Ricompaiono le paure. E le reticenze. Riappare il Taranto di sempre, senza personalità, senza un presente definito e senza un futuro ipotizzabile. Riaffiora la squadra che si rincorre sin dall’avvio del campionato, talvolta squarciato da lampi fugaci e inaffidabili. Si rivede la squadra che Dellisanti non seppe domare e che Stringara ha perso ancora prima di capire veramente. Il problema reale, però, è anche (soprattutto) un altro: oggi, le concorrenti alla salvezza sembrano sature di motivazioni, vigili, preparate alla battaglia. Pronte a a graffiare, anche con la disperazione. Il Taranto, invece, no.